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Coup d’Etat in via Fani. La Nato contro Moro e Iozzino

Carlo D’Adamo, James Hepburn jr.
Bologna, Pendragon, 446 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2018

È noto come il «caso Moro» sia diventato un vero e proprio sottogenere letterario, articolato, come ha evidenziato Miguel Gotor, in due filoni, opposti ma al contempo speculari: quello «dietrologico» che indugia nella ricerca di misteri, retroscena e cospirazioni, e quello degli «spiegazionisti ad oltranza», impegnati a smontare pezzo per pezzo le teorie dietrologiche, finendo però in molti casi per sottovalutare i passaggi ambigui della vicenda e per non compiere molti passi in avanti dal punto di vista ermeneutico. Gli aa. – un insegnante di storia in pensione, D’Adamo, e un ispettore di banca, Hepburn jr., il cui pseudonimo richiama l’omonimo autore, ma senza jr., anch’esso pseudonimo, di un’improbabile controinchiesta del 1968, The plot, sui presunti misteri dell’omicidio Kennedy – non si sottraggono a questa logica, ma ne rappresentano persino un passo in avanti, rileggendo l’intera storia dell’Italia repubblicana alla luce dei complotti elaborati a Washington.
Il volume intende dimostrare come il blitz di via Fani sia stato l’applicazione del manuale di tecnica del colpo di Stato di Edward Luttwak (Coup d’État, 1969), da cui il titolo. Il «caso Moro» appare così costellato di indicibili retroscena che hanno visto la collaborazione di un vasto fronte cospirativo – si parla persino della presenza in via Fani di un elicottero «perché i mezzi a chi ha organizzato il blitz non mancano» (p. 234) –, coordinato dalla Nato e composto dalle Br, dal Viminale, dalla Dc, dal «concorso di tutti i Servizi» (p. 336), dai militari, dal Comsubin, da Gladio, da ordinovisti e piduisti, dai po- tentati finanziari, ma anche da un ex arruolatore di sabotatori della X Mas, da palazzinari, giornalisti, magistrati e smemorati cittadini. A seguire i due aa. fino in fondo si potrebbe dire che furono talmente tanti a tramare contro Moro che stupisce come ci sia voluto così tanto tempo per scoprire questo segreto di Pulcinella, questo Truman show ante litteram.
Il volume ruota attorno a un’ipotesi precostruita – si arriva al paradosso di sospettare delle forze dell’ordine sia che si attivino celermente, poiché lo fanno per coprire i responsabili, sia che palesino lentezze e ritardi sospetti – in cui ogni tessera viene piegata per dimostrarne la bontà e che finisce per costruire una cortina fumogena che aggiunge confusione alla confusione.
La ricerca è svolta più al Pubblico registro automobilistico, sugli elenchi telefonici e su Tuttocittà che negli archivi e nei documenti. L’unica eccezione sono le carte delle Commissioni parlamentari d’inchiesta, un mare magnum in cui, però, con un’accurata cernita e senza un approccio critico, si trova tutto e il suo contrario. Peraltro, se quanto descritto nel volume fosse davvero avvenuto, paradossalmente ne guadagnerebbe legittimità la lotta armata. Il rischio è di annacquare nel cospirazionismo anche alcuni spunti interessanti della ricerca, finendo per offuscare quei momenti – si pensi alla strategia della tensione, in cui gli stragisti, a differenza dei brigatisti, godettero di protezioni e di vie di fuga – in cui porzioni di istituzioni effettivamente tramarono contro la democrazia italiana.

Davide Serafino