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Criminali del campo di concentramento di Bolzano. Deposizioni, disegni, foto e documenti inediti

Costantino Di Sante
Bolzano/Bozen, Raetia, 319 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume rappresenta un importante contributo per integrare la documentazione sui responsabili del Pol. Durchgangslager Bozen, il campo di transito installato nella primavera 1944 alla periferia del capoluogo altoatesino. Dal settembre 1943 la provincia di Bolzano, insieme a Trento e Belluno, fece parte della Operationszone Alpenvorland (Ozav). Sottoposta all’autorità del Commissario supremo Franz Hofer, gauleiter del Tirolo-Vorarlberg, risultò di fatto annessa al Reich. Nell’Ozav fu insediato sin da subito uno specifico comando SS, che utilizzò il campo inizialmente come Arbeitserziehungslager. Vi fu perciò una specie di sovrapposizione al vertice quando, nell’agosto del 1944, vi fu trasferito il Dulag di Fossoli, la cui struttura di comando dipendeva dal capo della polizia e del servizio di sicurezza di Verona, Wilhelm Harster. Nei fatti, il cosiddetto «blocco celle» rimase sotto la diretta disposizione del Kds di Bolzano, il comando della polizia e del servizio di sicurezza.
Il «lager di Via Resia», come veniva chiamato a livello cittadino, non rappresentò solo un capitolo importante dell’occupazione nazista in Italia, ma anche il canale con cui Bolzano si collegò con le centrali della Resistenza lombarda e veneta, attraverso le reti di assistenza agli internati. Fino al suo scioglimento, vi furono convogliati circa 10.000 internati, destinati a essere deportati nel Reich.
Prima della fuga, le SS distrussero l’archivio del campo. Poi le sue strutture furono variamente utilizzate e, negli anni ’60, abbattute a scopi abitativi. Ma i ritardi nell’elaborazione della memoria del lager bolzanino sono emblematici di tutte le dinamiche di «rimozione» del dopoguerra, che ne hanno allontanato, insieme al ricordo, la punizione dei criminali.
Dopo il primo studio scientifico (L. Happacher, 1975) passò qualche lustro prima che sul campo si sviluppassero lavori di recupero storico e memoriale – ad esempio, ad opera dell’Archivio della città di Bolzano (C. Giacomozzi), di Aned (D. Venegoni) e Anpi, e del Laboratorio di storia di Rovereto – a cui contribuì anche la risonanza del processo a Michael Seifert, nel 2000.
Uno dei due blocchi principali della documentazione presentata dall’a. proviene dai fascicoli dei National Archives and Records Administration (Nara) sui war crimes a Bolzano, derivati dagli interrogatori di fine guerra. L’accurato lavoro – che si sarebbe potuto giovare di un più stringente confronto con relativi studi regionali e di area tedesca (G. Steinacher, 2000) – ha il merito di comporre in un quadro organico dati e conoscenze sinora utilizzate solo per singoli percorsi. Il secondo blocco della documentazione proviene da un fondo del Sim sul campo di Bolzano (Aussme) e colpisce per la singolarità della prospettiva offerta: grazie alle bozze di un paio di numeri della Bierzeitung del lager, restituisce frammenti della quotidianità e del «tempo libero» degli aguzzini. Conclude il volume, ricco di illustrazioni inedite, il capitolo curato da Dario Venegoni sulle stampe e documenti della tipografia del campo, recuperati a fine guerra e confluiti nel relativo fondo del Sim.

Carlo Romeo