Cerca

Daniel Blatman – Le marce della morte. L’olocausto dimenticato dell’ultimo esodo dai Lager – 2009

Daniel Blatman
Milano, Rizzoli, 655 pp., Euro 28,50 (ed. or. Paris, 2009)

Anno di pubblicazione: 2009

L’a. focalizza l’analisi sull’ultima fase di vita dei Lager, quando tra la primavera del 1944 e l’aprile del 1945 l’andamento degli eventi bellici costrinse le autorità preposte alla gestione dei Lager a sfollare quelli dislocati nelle zone più prossime ai fronti. È impossibile stabilire il numero esatto delle vittime generate dalle cosiddette «marce della morte», tuttavia l’a. si sente di affermare che «almeno un quarto» di esse sia deceduto «negli ultimi cinque mesi [di vita] del sistema concentrazionario» (p. 21). Le evacuazioni dei Lager avvennero in tre diverse fasi: la prima iniziò nell’aprile del 1944, con lo sfollamento dei prigionieri dai Lager dislocati nei paesi baltici e nella zona di Lublino. La seconda ebbe vita nel gennaio 1945, con gli spostamenti dei deportati da Auschwitz e da Groß-Rosen e Stutthof. La terza, la più cruenta, si manifestò nell’aprile 1945, con l’evacuazione dei campi che si trovavano in territorio tedesco: Ravensbrück, Dora e altri. L’ipotesi centrale di Blatmann è che la fase terminale di vita dei KL sia caratterizzata da un contesto così diverso da quello precedente da implicare una rottura necessaria nell’analisi interpretativa. Il rapido progredire dell’avanzata degli alleati da Est e da Ovest strinse gradualmente la Germania in una morsa: sul territorio tedesco cominciarono a transitare migliaia di prigionieri, che acuirono il clima di disagio e di paura in cui era avvolta la popolazione. In ogni tedesco, sottoposto per anni a una martellante propaganda contro il «nemico interno» (rappresentato nelle sue punte più estreme dall’«ebreo»), la situazione limite degli ultimi mesi di guerra avrebbe generato il bisogno primordiale di canalizzare sul «diverso» il proprio senso di impotenza. Non si può a parere dell’a. considerare le evacuazioni dell’aprile – come pure è stato fatto – l’ultima fase del genocidio contro gli ebrei (la composizione delle vittime è infatti assai differenziata); si sarebbe trattato piuttosto di un «genocidio allargato». «Pur restando inalterato il consenso ideologico-annientatore, [sarebbe variata] la percezione dell’obiettivo di tale processo: i nemici non erano più soltanto l’ebreo e la sua razza» (p. 504). Quanti si macchiarono di atti cruenti nei confronti dei deportati in marcia (cui Blatman dedica un capitolo) furono in maggioranza semplici guardiani, non necessariamente SS, certamente condizionati dalla propaganda ideologica del III Reich gradualmente introiettata, ma che forse non avrebbero agito allo stesso modo in contesti meno precari.Questo libro costituisce un pregevole arricchimento degli studi sui KL, poiché ne approfondisce con originalità interpretativa un aspetto rimasto a lungo pressoché inesplorato. Tuttavia, la focalizzazione sulla fase più caotica di vita del III Reich, e quindi anche dei lager, totalmente estrapolata dalla generale evoluzione del sistema concentrazionario, sembra enfatizzare troppo un tempo di esistenza del nazismo che, proprio perché «estremo», è difficile assumere quale terreno di efficaci analisi interpretative. Quando la «eccezionalità» spiega tutto, rischia sciaguratamente di non chiarire più nulla.

Giovanna D’Amico