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Diario 1930-1943

Alcide De Gasperi
Bologna, il Mulino, 271 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2018

Tutti coloro che si sono occupati della biografia di De Gasperi sapevano dell’esistenza del «quaderno nero» con le annotazioni dell’uomo politico trentino sul periodo in cui aveva trovato un modesto impiego alla Biblioteca Vaticana, ma quasi nessuno lo aveva potuto consultare. È quindi da salutare con gratitudine la decisione di Maria Romana De Gasperi di averne permesso la pubblicazione, affidata alle cure di una giovane e brillante studiosa come Marialuisa Sergio. A lei si devono un’interessante e documentata Introduzione, che permette di comprendere meglio il diario, necessariamente conciso e schematico, e soprattutto lo scioglimento delle iniziali che De Gasperi, per ovvi motivi di prudenza, utilizzava quando doveva riferirsi ai suoi interlocutori. L’individuazione di questi è stata indubbiamente una delle fatiche maggiori della curatrice, che, con grande rigore scientifico, segnala puntualmente i casi in cui l’interpretazione poteva essere dubbia. In pochissimi casi, poi, quando il diario non offriva alcuno spunto per un’individuazione sicura, non viene avanzata alcuna ipotesi.
La lettura del Diario ci permette ora di conoscere con sicurezza quale fosse il pensiero di De Gasperi sugli avvenimenti degli anni ’30, specialmente sull’avvento del nazismo in Germania, e come le sue riflessioni abbiano poi «influito sulle sue future scelte politi- che» (p. 13). Ne risulta confermata la figura di un De Gasperi decisamente contrario al fascismo, e, soprattutto, emerge la sua amarezza nel constatare i tanti episodi di cedimento al regime e al suo «duce» da parte di tanti cattolici, laici ed ecclesiastici. Particolarmente spiacevole per De Gasperi era leggere certi articoli de «L’Osservatore Romano» che mostravano un inutile ossequio al fascismo, che invece si serviva della religione cattolica per accrescere il proprio consenso. In un caso particolare, in occasione del decennale della Marcia su Roma, l’amarezza per le frasi pubblicate dal quotidiano è tale da fargli scrivere: «Ho pianto e sofferto e mi auguravo ancora in carcere piuttosto che assistere a tanta incoscienza e vigliaccheria» (p.135).
Non sono molti gli ecclesiastici che si salvano dalla deriva filofascista, che De Gasperi puntualmente ricorda. Tra questi, oltre a Giovan Battista Montini, spicca la figura del pontefice, di cui vengono citate frasi decisamente contrarie al regime, ma che risulta isolato in un ambiente curiale ben poco collaborativo. Il profilo di Pio XI che esce dalle pagine del Diario degasperiano è abbastanza inconsueto, lontano dal papa autoritario e deciso di tanta storiografia. Qui Pio XI risulta «dubbioso, spesso irascibile, sempre molto umano» (p. 96), un papa che non nasconde la sua indignazione per l’eccessiva prudenza (o pavidità) di vescovi di cui mostra di non avere stima: «Danno quello che hanno: – dice Pio XI nel novembre 1935 a Dalmazio Minoretti, arcivescovo di Genova a proposito dei vescovi italiani – la testa non la possono dare» (p. 184). Un giudizio duro, pesante, ma forse non ingiustificato di fronte al fervore iperpatriottico che aveva contagiato molti prelati in occasione dell’impresa d’Etiopia.

Alfredo Canavero