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Donatella Della Porta, Herbert Reiter – Polizia e protesta. L’ordine pubblico dalla Liberazione ai ?no global? – 2003

Donatella Della Porta, Herbert Reiter
Bologna, Il Mulino, pp. 397, euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2003

Una ricca analisi di lungo periodo sul rapporto tra ordinamento delle forze dell’ordine e controllo dell’ordine pubblico nell’Italia repubblicana. Gli autori introducono una riflessione sul caso italiano enfatizzando fin da subito le linee di tensione ? il ?potere? e il ?diritto? ? di una storia che presenta innegabili (e talvolta preoccupanti) continuità di lungo periodo. L’analisi del potere tocca di volta in volta i temi della discrezionalità nell’azione delle forze di polizia e la loro eccessiva dipendenza dall’esecutivo, ed è molto apprezzabile l’attenzione degli autori a non isolare azioni e anche errori all’interno di spiegazioni contingenti, ma di cercare di analizzarle nel quadro di scelte politiche di fondo (per cui lo scontro mortale in un conflitto tra forze dell’ordine e forze politiche non può quasi mai essere considerato il frutto di una totale casualità). Per quanto riguarda il diritto gli autori sottolineano come gli strumenti legislativi che intervengono (e che sono intervenuti) nel normare le scelte nel controllo dell’ordine pubblico in Italia sono molteplici, e molto contradditori tra loro, dalla Costituzione al Codice Rocco (troppo poco riformato), al TULPS (il regolamento di pubblica sicurezza redatto in epoca fascista).
Un quadro poco edificante quello che ricostruiscono, in cui l’epurazione dopo il fascismo non avviene o avviene solo con molto ritardo (per quanto riguarda le leggi, gli uomini, ma anche i diritti), in cui le strategie pervasive dell’informazione sono uno degli elementi di continuità nella gestione e nel controllo delle forze dell’ordine sull’ordine pubblico (e senza che tra l’altro questo porti ad una maggiore capacità di gestione dello stesso) e in cui due dei limiti nell’azione delle forze dell’ordine, ossia l’associazione di centralizzazione del comando con la presenza di troppi corpi di polizia in conflitto di competenza tra loro e la militarizzazione dei corpi cui spetta il controllo dell’ordine pubblico, continuano a permanere.
Gli autori sottolineano tuttavia anche la capacità di riforma e di trasformazione delle strategie di controllo dell’ordine pubblico che avviene in concomitanza con il ciclo di proteste degli anni ’60 e ’70, una trasformazione che sembra però nascere più che dalla consapevolezza della politica (il centrosinistra si rivela inefficace, anche se si sottolineano le trasformazioni nella gestione quotidiana dell’ordine pubblico in questo periodo), dalle capacità di riflettere sui propri diritti di lavoratori da parte degli uomini appartenenti alle forze dell’ordine. Non a caso, questa consapevolezza si traduce più in un’importante riforma delle condizioni di lavoro dei poliziotti, che in una vera riforma delle strategie di controllo dell’ordine pubblico.
Da questo quadro emerge chiaramente uno dei limiti della democrazia italiana: l’incapacità di riconoscere la legittimità politica di tutte forze politiche in campo (cosa che non dovrebbe essere sottoposta a limitazione in un paese democratico) e di agire invece solo contro l’illegittimità politica di atti specifici indipendentemente dal livello di gradimento delle forze: un dato cui forse bisognerebbe cominciare a riflettere.

Giulia Albanese