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Egle Becchi e Angelo Semeraro (a cura di) – Archivi d’infanzia. Per una storiografia della prima età – 2001

Egle Becchi e Angelo Semeraro (a cura di)
Milano, La Nuova Italia, pp. XV-388, euro 27,89

Anno di pubblicazione: 2001

I diciannove saggi si propongono come ?materiali? disomogenei, spezzoni di archivi in via di reperimento e costruzione e sono raggruppati in sezioni (Testi; Approcci; Salvare, Proteggere, Punire; Famiglie; Istruire e Dilettare; Riti e Rituali) che si presentano ? al di là dei sapienti prologhi ? come presa d’atto degli addensamenti d’interesse di molti di ?quei particolari studiosi del passato che sono gli storici dell’infanzia? (p. IX). In realtà, alcuni di questi saggi non si muovono affatto nell’ottica della ?storia dell’infanzia? o dello ?studio del passato?: un dato che accentua l’impressione di casualità dell’insieme, tanto più inevitabile in quanto ? come dicono i curatori ? l’obiettivo dell’opera è quello di ?aggiungere altre tracce a quelle fissate e rubricate?, sulla base ?di una pluralità di procedure, fonti, approcci? indispensabili a esplorare un territorio tanto impervio e elusivo come quello dell’infanzia, nella consapevolezza che si è ?ben lontani dal poter imporre o solo proporre paradigmi interpretativi esclusivi?, visto che l’unica certezza di fondo ?è che dell’infanzia e dei bambini reali continuiamo a saperne ancora assai poco? (p. IX).
Se ne sappiamo molto di più di trent’anni fa, d’altronde, non è grazie agli ?storici propriamente detti?, ma a pedagogisti e psicologi, storici della pedagogia e delle istituzioni scolastiche, linguisti e giuristi che, come molti di quelli qui coinvolti (in primis la stessa Becchi), sono da tempo impegnati a preparare i materiali per una storia dell’infanzia che sia capace di parlarci anche di altre dinamiche e di altre realtà. E tuttavia, è indubbio che la variegata fisionomia culturale degli autori finisce col rendere più difficile far dialogare tra loro i diversi contributi e dare una fisionomia precisa ai molti cantieri aperti: un problema che a mio parere faceva capolino già in altri importanti volumi collettanei sull’argomento (si pensi ad esempio a Scritture bambine, del 1995), e che può essere sciolto solo imboccando strade più robustamente strutturate sia dal punto di vista spazio-temporale che tematico-metodologico. Ciò nulla toglie all’interesse di molti dei saggi qui pubblicati: è il caso dell’esemplare presentazione di una proposta per l’organizzazione di un archivio dei Diari d’infanzia sin qui reperiti da parte di Egle Becchi (pp. 289-310); o delle pagine in cui Giulia Di Bello ricostruisce le dinamiche nel modo di essere e di considerare sia la ?povertà bambina? sia il ruolo delle istituzioni assistenziali nella Toscana dell’Ottocento (pp. 230-50); o ancora delle riflessioni, di notevole finezza ed efficacia, che Carmela Covato dedica alle poche fonti che ? a partire dalla metà del Settecento ? testimoniano l’emergere di una ?affettività paterna? nei confronti delle figlie, da sempre destinate a essere letteralmente invisibili (pp. 271-88). Potrei fare altri esempi, ma prevale l’impressione che, per fare un salto di qualità, sia ormai necessario lasciarsi alle spalle la fase dell’accumulo, per misurarsi con ricostruzioni più legate a contesti specifici, e partire di qui per nuovi percorsi, e nuove scoperte.

Simonetta Soldani