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Emiliana Camarda – Pietralata. Da campagna a isola di periferia – 2007

Emiliana Camarda
Milano, FrancoAngeli, 144 pp., Euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2007

Il libro si colloca nell’ambito del progetto «Un laboratorio di storia urbana: le molte identità di Roma nel Novecento» coordinato da Lidia Piccioni, le cui pubblicazioni hanno come oggetto le vicende di alcuni insediamenti periferici della capitale durante il XX secolo. Il volume ricostruisce le vicende di Pietralata, abitato del quadrante est di Roma, sorto su aree prevalentemente agricole e scarsamente urbanizzate a partire dagli anni ’30 a seguito di trasferimenti forzati di popolazione da alcune zone del centro città, contestualmente alle politiche di «sventramento» operate dal regime. La ricerca abbraccia un quarantennio (1930-1970), soffermandosi tuttavia maggiormente su una fase lunga tre decenni, dal fascismo agli anni ’50, con le esperienze dell’occupazione nazifascista e della Resistenza decisive per la futura politicizzazione del quartiere, già peraltro insita in una spiccata avversione al regime, che si manifesterà nei comportamenti elettorali dei suoi abitanti. L’opera è suddivisa in quattro capitoli di cui i due centrali appaiono come i più corposi e documentati; inoltre è presente una sezione fotografica molto utile al lettore per contestualizzare «visivamente» la narrazione storica. Le fonti utilizzate sono piuttosto eterogenee, e ciò costituisce sicuramente un pregio, per provenienza e natura (interviste ad abitanti ed a rappresentanti del PCI locale, rapporti di polizia su questioni d’ordine pubblico, pubblicazioni di istituzioni religiose operanti in borgata, riferimenti ad opere di Pasolini). Esse mirano a ricostruire sia le esperienze comuni degli abitanti nelle lotte, spesso spontanee ed impulsive, contro emarginazione e degrado, sia le immagini attraverso le quali Pietralata è stata descritta, soprattutto dal cinema e dalla narrativa: tale racconto «incrociato» mira a definire i caratteri identitari di Pietralata, principale obiettivo della ricerca. Ricomporre la storia del quartiere attraverso le identità collettive pone però alcuni interrogativi di fondo: quanto esse erano realmente diffuse e condivise? E quanto potevano riflettere situazioni reali o quanto erano invece frutto di semplificazioni stereotipate? Una via d’uscita a tali questioni può giungere analizzando le identità come delle rappresentazioni, attraverso le quali una comunità si vede, a volte suo malgrado, raccontata, ma anche attraverso le quali si racconta. Al pari di alcune immagini «letterarie» della borgata, in cui gli abitanti del quartiere non si riconoscono (o non vogliono riconoscersi), anche le visioni che i dirigenti comunisti danno di Pietralata («il popolo delle nostre borgate [?] i lavoratori romani, gli operai comunisti» p. 82) sono rappresentazioni, come quelle che gli stessi «pietralatini» danno di sé – gente povera, ma «de core» (p. 100) – o distinguendo, per diversa condizione sociale ed abitativa, la borgata «alta» da quella «bassa» (pp. 97-101). Storicizzare le identità significa anche storicizzare le retoriche e, individuando gli stereotipi, ci può aiutare ad analizzare il passato (ed il presente, che spesso presenta gli stessi problemi di ieri) in una prospettiva più ampia e complessiva perchè più distaccata.

Giovanni Cristina