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Emma la rossa. La vita, le battaglie, la gioia di vivere e le disillusioni di Emma Goldman, la «donna più pericolosa d’America»

Max Leroy
Milano, Elèuthera, 2016, 224 pp., € 16,00 (ed. or. Lyon, Atelier de création libertaire, 2014, traduzione di Carlo Milani)

Anno di pubblicazione: 2017

Secondo E. Belligni e M.G. Castello chi studia «la fabbrica della storia popolare» si trova costantemente «sul confine tra professionalità e dilettantismo, tra ortodossia accademica ed eresia» (La fabbrica della storia, Milano, FrancoAngeli, 2016, p. 11). La constatazione prende atto dei mutamenti della storia come strumento di comunicazione: le ricerche erudite, innovative, di scavo, sono riservate sempre più a specialisti e accademici, mentre fiorisce una storia popolare che rinuncia all’approfondimento e resta alla superficie, timorosa di sfidare le facoltà di comprensione delle masse cui si rivolge.
Emma la rossa di Max Leroy, in origine Emma Goldman. Une éthique de l’émancipation, vorrebbe muoversi tra le due prospettive. Si tratta della biografia della celebre anarchica dalla vita avventurosa: ancora teenager dalla nativa Russia agli Stati Uniti; giovane arringafolle, poi organizzatrice culturale di grande prestigio nella sinistra americana; in prima fila contro la guerra; nel 1920 in Russia durante la Rivoluzione, poi raminga per l’Europa e il Canada, sempre punto di riferimento per il movimento anarchico. Sul piano della ricerca Leroy spiega subito di essersi affidato alle principali biografie di Goldman comparse in inglese negli ultimi decenni: di fatto, ci si accorge facilmente che gli eventi raccontati in Emma la rossa sono il semplice rifrullato di quei libri, abilmente omogeneizzato. In più, la tendenza al romanzo, al racconto psicologistico ed evenemenziale (Emma pensa così, Berkman reagisce così, e via dicendo). Sulle specificità della politica di Goldman l’a. si sofferma nel terzo paragrafo del terzo capitolo (pp. 87-99), descrivendo le sue idee in tema di anarchismo, di libero amore e condizione della donna, di istituzioni repressive e arte.
Insomma, Emma la rossa è un’abile pout-pourri di biografia e pensiero politico, che restituisce un vivace ritratto popular della libertaria russo-americana. Ma, per così dire, privo di ogni problematicità. Racconto e resoconto si fondono insieme scorrevolmente, ma evitano ogni punto interessante che travalichi o la logica del racconto o la linearità del pensiero. La ricchezza e la complessità delle posizioni di Goldman, la loro perspicuità nel tragitto culturale dell’anarchismo, per esempio il suo controverso ma fecondo rapporto con la tradizione democratico-libertaria americana, il suo straordinario passaggio dal comunismo kropotkiniano al paradigma della libera sperimentazione (con il suo pluralismo congenito in fatto di organizzazione economica, sessuale, giuridica, eccetera), la sua feroce discussione critica del modello rivoluzionario classico: di questo c’è poco, pochissimo, nel libro di Leroy. Di conseguenza, ci chiediamo: ammesso che l’approccio popular abbia una sua resa, sul piano del sapere e anche della propaganda, è davvero utile un ritratto di Goldman che per amore di comunicazione la rende una specie di monachella intellettuale (sia pure anarchica)? Confesso di non saper rispondere.

Pietro Adamo