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Emmanuel Sieyes: le idee, le istituzioni

Paolo Colombo
con in appendice l’opera di Antoine Boulay de la Meurthe, Théorie constitutionnelle de Sieyès. Constitution de l’an VIII, 1836, Macerata, EUM, 140 pp., € 12,00

Anno di pubblicazione: 2015

Questo piccolo, ma prezioso lavoro di Paolo Colombo, professore ordinario di Storia
delle istituzioni presso l’Università Cattolica di Milano, si colloca nel quadro dell’attenzione
crescente che la ricerca internazionale (Pasquale Pasquino, Lucien Jaume, Nadia
Urbinati, Luca Scuccimarra, Christine Fauré, Ramón Máiz) dedica da una ventina d’anni
agli scritti e all’immaginazione politica e costituzionale dell’abate Sieyes, elevato – insieme
a Condorcet – a interprete privilegiato di una cultura rivoluzionaria capace di proiettare
la propria progettualità nell’800 e nel ’900 a dispetto – o forse proprio a seguito – degli
scacchi subiti in presa diretta a fine ’700.
Il volume ha il pregio di mettere a disposizione del pubblico italiano, nella traduzione
di Luca Falciola, il testo con cui nel 1836 Antoine Boulay de la Meurthe, già
deputato al Consiglio dei Cinquecento e segretario di Sieyes durante l’elaborazione della
costituzione dell’anno VIII, presenta – a distanza di più di tre decenni – le linee di fondo
e i successivi stravolgimenti del progetto di carta fondamentale elaborato dall’autore
di Qu’est-ce que le Tiers-État? per chiudere la Rivoluzione con l’appoggio della sciabola
di Napoleone Bonaparte nell’autunno del 1799. Attraverso questi «extraits des mémoires
inédits» accompagnati da un denso saggio introduttivo (La forza del progetto: Emmanuel
Sieyes e i fondamenti della storia costituzionale europea), il lettore è condotto all’interno del
decennale laboratorio apertosi nel 1789 e posto di fronte alle principali tensioni che attraversano
i tentativi di impianto di un regime rappresentativo (monarchico o repubblicano)
in Francia. In particolare, oltre a ricostruire meticolosamente scontri e ricomposizioni in
atto fra i due principali attori del colpo di Stato, l’a. sottolinea come Sieyes abbia intuito
«il problema chiave dei sistemi contemporanei già nel momento in cui essi stanno prendendo
vita sotto i suoi occhi: esecutivo e legislativo tendono assai più a bloccarsi l’un l’altro
che non a collaborare vicendevolmente» (p. 58). Da qui la ricerca tanto anticipatrice
sul piano teorico quanto fallimentare sul piano pratico di un «potere neutro» chiamato
a dirimere i conflitti fra di essi, e la conseguente ideazione prima – fra 1789 e 1791 – di
un procureur-syndic roi, poi – nel 1799 – di un Grand Électeur quali figure monocratiche
terze, incaricate non di incarnare, ma di nominare e controllare l’esecutivo.
La pubblicazione è opportunamente corredata sia da una sezione di Materiali biobibliografici
riguardanti Sieyes e Boulay de la Meurthe, sia dalla rappresentazione grafica
della piramide istituzionale – tratta dall’Histoire de la Révolution française depuis 1789 jusqu’en
1814 di François Auguste Mignet – che icasticamente riassume il principio, accolto
nella costituzione dell’anno VIII soltanto per quel che riguardava l’ordine legislativo, secondo
cui «la fiducia veniva dal basso e il potere dall’alto» (p. 110).

 Gian Luca Fruci