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Emozioni, cultura popolare e transnazionalismo. Le origini della cultura anarchica in Italia (1890-1914)

Marco Manfredi
Milano, Le Monnier, XVI-224 pp., € 17,00

Anno di pubblicazione: 2017

Interessante e originale questo lavoro di Marco Manfredi, già autore di alcune pubblicazioni
sulla storia dell’anarchismo, con un’attenzione specifica al rapporto tra movimento
libertario e «controcultura» popolare, tema che domina anche il testo in oggetto.
L’obiettivo di Manfredi è di contribuire alla ricostruzione di una storia culturale
dell’anarchismo, tenendone bene a mente il carattere fortemente transnazionale e utilizzando
come case study la figura e il ruolo di Pietro Gori.
Oggetto di indagine sono quindi le varie forme di comunicazione e propaganda in
grado di utilizzare registri assai vicini al sentire popolare, intercettandone l’emotività e alcuni
codici valoriali tradizionali e radicati.
Una domanda, a nostro modo di vedere, soggiace dietro a Emozioni, cultura popolare e
transnazionalismo, ovvero: cosa ha reso possibile la popolarità dell’anarchismo specialmente
in alcune zone d’Italia (Romagna, Marche, Toscana)? La risposta sembra essere: una maggiore
apertura rispetto al marxismo alla dimensione del popolare e una più accentuata capacità
nel contaminare di temi libertari le sottoculture operaie. Ancora, un rapporto con la cultura
«bassa» di tipo orizzontale e circolare, invece che «verticale» o «professorale».
Ecco quindi l’importanza della figura di Gori, il militante e avvocato in grado di «parlare
al cuore» degli sfruttati, nei comizi così come nelle arringhe in tribunale, e di diventarne
«l’apostolo», egli che esplicitamente accostò più volte il messaggio cristiano a quello anarchico,
alternando l’idioma del popolo al linguaggio biblico. Gori, che fu anche poeta, padre
del canto anarchico, autore teatrale, divenne così il simbolo di un movimento che provò a
conquistare la mente ma anche l’animo degli sfruttati.
A partire da Gori, l’a. analizza diversi mezzi di propaganda anarchica: quello, fondamentale,
legato all’oralità (conferenze, comizi, contraddittori), il romanzo sociale, gli
opuscoli (principale attore dell’avventura editoriale libertaria), l’almanacco, il teatro, la musica,
l’arte pittorica e figurativa. Canoni diversi che si intrecciano ad altri elementi forti
dell’immaginario sovversivo: l’insediamento di circoli «di studi sociali» e di scuole moderne
(razionaliste), i momenti ricreativi (picnic, balli, giochi), i riti (inaugurazione di bandiere,
funerali e battesimi laici con nomi legati al mondo culturale sovversivo), l’estetica legata
all’abbigliamento.
Aspetti della cultura anarchica, tutti questi, in grado sia di entrare in comunicazione
diretta con l’immaginario popolare, sia di creare un forte senso di identità militante al di
là delle frontiere, fattore fondamentale per un movimento diasporico come fu quello anarchico.
Rimane al lettore la sensazione che il taglio utilizzato in questo studio possa essere
assai utile in futuro per ulteriori studi di storia dell’anarchismo, anche al di là della figura
di Gori che domina, in maniera fin troppo marcata, queste pagine.

Antonio Senta