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Enrico Nistri – La Firenze della Ricostruzione 1944-1957. Dall’11 agosto all’anno dei tre ponti, – 2008

Enrico Nistri
Empoli, Ibiskos, 423 pp., euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2008

Nistri sceglie il 1957 come anno ad quem per riordinare una fase dimenticata della vita della sua città, quella racchiusa tra la fine della guerra e i prodromi del miracolo economico e che terminerà con la riapertura del ponte di Santa Trìnita, che suggella la fine della riedificazione e della vexata quaestio tra progettisti innovatori e conservatori, con un risultato in cui «prevalse una scelta di basso profilo, forse, ma tutto sommato indolore» (p. 205).L’a., giornalista e storico dagli interessi poliedrici – cha spaziano da Alessandro Manzoni e la Rivoluzione francese alla mappatura dell’arcipelago post-fascista in I tre anni che sconvolsero la destra (e non solo) – ci restituisce la vivacità dell’epoca, attingendo a una mole notevole di materiale storiografico. Eccettuate monografie particolari – come L’industria nell’area fiorentina di Innocenti (Firenze, 1978) – e biografie sul ceto politico e intellettuale, mancava una storia d’insieme dei primi 13 anni del dopoguerra, poiché quelle esistenti fanno parte di opere cronologicamente più ampie, a es. il volume su La Toscana curato da Mori (Einaudi, 1986) o la Firenze di Spini e Casali (Laterza, 1986).La prima parte del lavoro ripercorre le tappe della Liberazione della città, l’epurazione e le inquietudini dei «redenti»; si sofferma poi sull’instaurarsi dell’egemonia comunista, grazie al «Nuovo Corriere» di Bilenchi, approfondisce la stagione delle riviste culturali e l’emergere dei «nuovi fiorentini»: giuliani, dalmati, italo-greci e profughi d’Africa, per concludersi con l’avvio della ripresa economica. Dallo sfondo di tali avvenimenti, si stagliano le figure dei due sindaci del periodo: il socialista Pieraccini e il comunista Fabiani, mentre a La Pira è riservata la seconda parte, con la vocazione internazionale della città, per merito della «politica estera» del primo cittadino, i tormenti sul piano regolatore, fino alla vicenda del Pignone.Ricomponendo quella stagione in tutte le sue sfaccettature, con una narrazione sovente frammentata e intrisa di cronaca, Nistri si concede delle asserzioni apodittiche, come quando congettura che «a innescare la guerra civile fu la decisione di parte del movimento partigiano di uccidere proditoriamente fascisti repubblicani, civili e miliari» (nota 115, p. 50) o quando addebita «all’ostracismo della sinistra nei confronti della realizzazione di città satelliti all’interno del territorio fiorentino» lo sviluppo incessante dell’hinterland (p. 295), per poi contraddirsi, affermando che «la teoria cara a La Pira delle “città satelliti” autosufficienti era smentita dalla dinamica edilizia» (p. 303).Su altri temi, viceversa, i toni sono più sfumati: se, a suo parere, vi è un continuum con «alcune grandi scelte socio-economiche tracciate dal regime» (p. 193), giunge tuttavia a constatare la «superiorità morale e intellettuale della classe dirigente dell’epoca» (p. 14), pur ricordandoci come i nodi amministrativi non sbrogliati allora rappresentino ancora oggi il nervo scoperto sul futuro urbanistico del capoluogo toscano, quasi a voler intendere che la città del Giglio abbia mancato l’appuntamento con il XXIsecolo.

Giuseppe Caramma