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Enzo Collotti (a cura di) – Fascismo e antifascismo. Rimozioni, revisioni, negazioni – 2000

Enzo Collotti (a cura di)
Laterza, Roma-Bari

Anno di pubblicazione: 2000

Atti di un convegno svoltosi nel 1998 su sollecitazione delle associazioni partigiane e per iniziativa dell’Insmli nelle sale del Senato della Repubblica e con l’intervento del presidente della Camera. Dunque un monumento dell’antifascismo istituzionale.
Domina la ragione partigiana di chi difende valori superiori dagli attacchi di forze che quei valori negano e contrastano alla radice. Lo dice bene Mario Isnenghi: “solo l’antifascismo può scrivere una storia di tutti” (p. 278). La serietà critica – aggiunge Giorgio Rochat – può basarsi solo sull’impegno antifascista, non potendosi ammettere un rifiuto della scelta di campo.
Più facile a dirsi che a farsi. Come stabilire esattamente chi è dentro e chi è fuori una comune sfera di civiltà? Il corposo volume propone sette interventi su singoli momenti di dibattiti nazionali (in Germania, Austria, Francia, Spagna, Polonia, Russia e Giappone), otto saggi di storiografia italiana, e quattro sui mezzi di comunicazione. In quasi tutti i saggi si trovano utili informazioni e riferimenti, e in alcuni anche segmenti di percorsi analitici sulla vicenda storiografico-politica recente. Ad esempio: Philippe Videlier sul negazionismo francese, Leonardo Rapone sulla storiografia dell’antifascismo, Pier Paolo Poggio sulla recezione di Nolte in Italia, Giovanni De Luna e Guido Crainz rispettivamente sui quotidiani e sulla televisione italiani.
Accesi ad ogni pagina, necessitati, i toni militanti e le denunce. Così ad esempio Giorgio Rochat spiega che il modo di procedere di Renzo De Felice è “brutalmente politico e di stile fascista” (p. 289); Wolfgang Wippermann segnala il pericolo fascista che minaccia l’Europa di Milosevic, Fini e Le Pen; Angelo Del Boca lancia un appassionato appello affinché l’Italia prenda coscienza delle proprie colpe coloniali e dia un seguito alle iniziative di Scalfaro e Dini (ma a tutt’oggi, ahimé, l’obelisco di Axum non si è mosso di un centimetro). Ma cosa ha mosso tanta passione? Un po’ sbrigativamente, il curatore denuncia “le improvvisate e scomposte polemiche demolitorie, culminate nella improvvida denuncia di una vulgata antifascista o resistenziale tanto mistificatoria e strumentale quanto priva di ogni fondamento scientifico e di ogni serietà propositiva” (p. VII). Chi dunque sono gli imputati, a parte l’onnipresente Renzo De Felice? Forse Ernst Nolte? Augusto Del Noce? Ernesto Galli della Loggia? Sergio Romano? In realtà, la difesa dell’evento-valore fondante trascende nomi ed eventi e li coagula in una categoria, il “revisionismo” del quale è sottolineata l’elettiva affinità con i media di massa ma non è offerta né una definizione univoca né una chiara attribuzione. C’è da aggiungere che il titolo del volume, e l’imbarazzante – ma a me pare anche imbarazzata – considerazione preliminare di Claudio Pavone accostano tale “revisionismo” (per lo più italiano) al “negazionismo” (che in Italia non ha spazio), e così, con ambiguità davvero eccessiva, riversano sul primo la censura morale che nessuno può risparmiare al secondo, quand’anche lo si consideri in chiave psichiatrica, o semiologica: in questo secondo senso fanno parte a sé le interessanti osservazioni di Valentina Pisanty.

Raffaele Romanelli