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Enzo Collotti (con Nicola Labanca e Teodoro Sala) – Fascismo e politica di potenza. Politica estera 1922-1939 – 2000

Enzo Collotti (con Nicola Labanca e Teodoro Sala)
La Nuova Italia-Rcs, Milano

Anno di pubblicazione: 2000

Questo corposo volume è il secondo ad essere pubblicato – dopo quello relativo alla prima guerra mondiale – nella nuova impegnativa serie dedicata alla “Storia d’Italia nel 20° secolo”, progettata dall’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia. Il volume di Collotti segue la politica estera del regime fascista dalle origini fino alla vigilia della seconda guerra mondiale. Non occorre nemmeno ricordare che l’autore è uno degli studiosi più attenti alla dimensione internazionale del fenomeno fascista (oltre che profondo conoscitore della storia del Terzo Reich).
Si tratta di un’ampia e completa sintesi dell’argomento, che riprende una lunga e tuttora viva discussione storiografica, ma si impegna al contempo in una descrizione particolareggiata di alcuni passaggi cruciali. Questi diversi obiettivi danno ragione di un impianto non del tutto omogeneo: ad alcuni capitoli più propriamente di sintesi, se ne affiancano altri più innovativi dedicati ad aspetti tematici finora meno studiati (il rapporto politica estera-propaganda, l’organizzazione degli italiani all’estero…), mentre compaiono poi, soprattutto per la fase 1936-1939, massicci capitoli dedicati a una minuziosa ricostruzione degli eventi, con diretto ricorso alle fonti (in particolare, i volumi più recenti dei Documenti diplomatici italiani). La scelta di inserire due specifici profili dedicati ad altrettante questioni cruciali della politica estera fascista, come quella balcanica e quella coloniale, affidati a due tra i maggiori esperti nelle rispettive materie (T. Sala e N. Labanca), arricchisce certamente il volume, causando però qualche sovrapposizione.
La linea interpretativa di Collotti mette fortemente l’accento sulla continuità delle direttrici fondamentali del fascismo, radicate nella sua ideologia nazionalista e imperialista e contrassegnate quindi da una tendenza all’aggressività bellicista e all’uso strumentale di qualsiasi vincolo di interdipendenza e cooperazione internazionale. Tale orizzonte, già esplicito nel confuso revisionismo e nella politica coloniale degli anni ’20, si sarebbe reso definitivamente palese dallo sbocco militare successivo al 1935. In questo senso, c’è una presa di distanza dall’impresa biografica defeliciana, ma anche da una serie di studi storico-diplomatici centrati sull’aspetto tattico e contingente, a tratti ondivago, della linea diplomatica mussoliniana. Del tutto contrastati sono poi i giudizi sul relativo pluralismo di linee interne al regime (in particolare è smontata l’originalità presunta della gestione di Grandi al ministero degli Esteri). In questa prospettiva generalmente convincente, avrebbero forse giovato una più diretta discussione degli approcci storiografici diversi e una più estesa attenzione ai nessi tra politica economica e rapporti internazionali.

Guido Formigoni