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Fascisti sul mare. La Marina e gli ammiragli di Mussolini

Fabio De Ninno
Bari-Roma, Laterza, 246 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2017

In contrasto con la geografia del paese, la storiografia italiana non ha dedicato alla dimensione marittima una produzione di rilievo e si è concentrata per lo più sugli aspetti economici dedicando scarsa attenzione a quelli politici, sociali e culturali. Un limite che si riflette anche negli studi sulla marina militare, di cui pure esiste una ricca bibliografia in larghissima parte, però, espressione di un approccio autoreferenziale e tendenzialmente celebrativo di studiosi militari dediti alla histoire bataille e agli aspetti tecnici.
La ricerca di De Ninno, assegnista di ricerca all’Università di Siena, si colloca all’interno di una corrente di studi storiograficamente più attrezzata e offre dunque un contributo significativo al lungo percorso intrapreso per colmare un vuoto. La stessa qualità della ricerca consente all’a. di correggere sensibilmente la prevalente lettura, derivata per lo più da autorappresentazioni, di una marina militare italiana fieramente «regia» e indipendente dal fascismo, dimostrando, al contrario, come esistesse «una stretta correlazione che legò l’istituzione alla politica estera del regime» (p. XI). Una correlazione che almeno in parte s’inscrive nella storia della stessa istituzione in epoca liberale, quando aveva fatto breccia in essa il mito del Mare Nostrum come chiave interpretativa, e come modello di rappresentazione, del ruolo internazionale dell’Italia in funzione di una politica di potenza.
Ai precedenti del sogno espansionista e imperialista, rafforzatosi nelle vittorie marittime della prima guerra mondiale, è dedicato il primo capitolo (Dalla Vittoria a Mussolini) in cui l’a. mostra come i vertici della marina riconobbero da subito nel fascismo il principale e migliore interprete (e possibile finanziatore) delle loro ambizioni. Da qui si sviluppa la storia della marina negli anni ’20 e ’30 ricostruita attraverso l’analisi delle politiche di sviluppo dell’istituzione nelle diverse fasi d’interazione con il regime fascista: dal prudente «compromesso» (1922-1926), che preparò gli equilibri interni favorevoli all’alleanza tra gli ammiragli e il regime, al dispiegamento di una politica navale che puntava a collocare l’Italia in una posizione egemonica nel Mediterraneo e nel Mar Rosso (1926-1933), fino ai «sogni infranti» dell’epoca imperiale (1933-1937), quando l’accelerazione della spinta totalitaria, insieme al nuovo contesto internazionale e alle guerre fasciste, frenarono quella tendenza alla crescita della marina che rappresentava la base più solida dell’alleanza.
Fa da intermezzo un interessante secondo capitolo che si concentra sui legami ideologici e pratici con il fascismo (la geopolitica, il rapporto con gli ammiragli e la fascistizzazione dell’Accademia navale), mentre l’ultimo capitolo in forma di conclusioni guarda alle premesse della sconfitta subita dalla marina nel corso della seconda guerra mondiale. L’uso di una ricca documentazione d’archivio risulta un necessario quanto proficuo sostegno alla ricostruzione delle vicende, sebbene a tratti segni forse eccessivamente la sua presenza nell’abbondante messe di citazioni.

Giancarlo Monina