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Francesco Cassata – Il fascismo razionale. Corrado Gini fra scienza e politica – 2006

Francesco Cassata
Roma, Carocci, 225 pp., euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2006

L’acuto e documentato libro su Corrado Gini di Francesco Cassata aggiunge certamente un capitolo molto importante al recente ampliamento alle scienze naturali e sociali della storiografia sul rapporto tra gli intellettuali e il regime fascista. Considerato, infatti, lo «scienziato del Duce», almeno sino alla sua emarginazione dall’ISTAT nel 1932, Gini contribuì in vari modi alla formazione della koiné fascista con le sue teorie demografiche e sociologiche e con il suo ruolo di protagonista nella nascita dell’ISTAT. Cassata, da un lato, individua gli aspetti del pensiero di Gini che più lo avvicinavano al pensiero e alla politica demografica e imperialista fascista ? il biologismo positivista, la teoria ciclica delle nazioni, il neo-organicismo, il familismo pronatalista di matrice cattolica, la concezione biologico-demografica del ricambio sociale ?; dall’altro lato, indaga il ruolo attribuito dallo statistico alla scienza nel suo rapporto con la politica. Se, per quanto concerne le teorie eugenetiche, la posizione di Gini si conciliava con quelle del regime, più problematico era il rapporto con la politica natalista di Mussolini. Da un lato, infatti, la teoria ciclica delle nazioni di Gini preconizzava l’ineluttabile declino della fertilità e, di conseguenza, della nazione italiana; dall’altro, considerava gli incroci etnici, limitatamente alle «razze» presunte superiori, come il mezzo più efficace per ritardare o anche ovviare al declino della nazione. Se ciò non impedì a Gini di sostenere comunque la politica natalista del regime e se la teoria ciclica delle nazioni fu la sua giustificazione «scientifica» e dunque pretesa come politicamente «neutrale» del colonialismo e del bellicismo fascista, fu la sua concezione dell’autonomia della scienza dalla politica a determinarne l’emarginazione da parte del regime. Per Gini era la politica del fascismo a doversi conformare alle indicazioni della scienza e non viceversa, ma se ciò lo indusse a difendere l’ISTAT e i colleghi dalle ingerenze del regime, paradossalmente determinò anche la sua concezione «militante» della scienza, di una scienza, cioè, al servizio, sia pure nel ruolo di guida, della politica demografica e imperiale fascista. Nel secondo dopoguerra l’abbandono della demografia fu la strategia di riabilitazione adottata da Gini. Il prezzo di tale sganciamento fu però il rifiuto della demografia italiana di fare i conti col suo passato e dunque la sua lunga incapacità di rinnovarsi. Vestiti oramai solo i panni del sociologo, la costante fedeltà di Gini ai suoi antichi capisaldi teorici, reazionari e sempre più anacronistici, gli impedì di partecipare al rinnovamento della sociologia italiana e lo rese incapace di comprendere le urgenti problematiche sociali del paese in fase di rapida modernizzazione.

Sandro Rinauro