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Francesco Catastini, Francesco Silei – La strage di Pratale. Storia e memoria di una strage dimenticata, 23 luglio 1944, introduzione di Ivan Tognarini – 2004

Francesco Catastini, Francesco Silei
Firenze, Pagnini, pp. 231, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2004

La sera del 23 luglio 1944, in un casolare tra Pratale e Fabbrica, al confine tra i Comuni di Tavernelle e San Casciano Val di Pesa, le famiglie Gori, Lotti, Cresti e Raspollini stanno consumando la cena mentre fuori, a poche centinaia di metri di distanza, i tedeschi fronteggiano gli alleati nel tentativo di guadagnare tempo prima di ritirarsi più a nord e stabilirsi a difesa dell’Arno, dove il fronte rimarrà fermo per quattro settimane. Una pattuglia di tedeschi entra nell’abitazione, costringe tutti i presenti ad uscire, li accompagna presso una macchia boscosa, non lontano, separa gli uomini dalle mogli e dai figli e li fucila.
Il libro, promosso dall’Amministrazione comunale di Tavernelle Val di Pesa, ricostruisce questo episodio, una delle molte ?stragi dimenticate? commesse dai tedeschi durante l’occupazione dell’Italia. Nella seconda parte, Silei mostra la costruzione progressiva della memoria della strage, sia pubblica che privata, propria dei familiari delle vittime, utilizzando sia testi delle commemorazioni ufficiali che testimonianze, scritte e orali, rilasciate in epoche diverse dai familiari delle vittime, dai loro parenti e dai ?soccorritori?. E mette in luce con molta abilità e competenza la dialettica problematica che si è creata negli anni tra la ?cerimonia?, che descrive le vittime come martiri e le inserisce tra le vittime della lotta di Liberazione, e la ?elaborazione del lutto?, che si aggrappa invece ad un presunto ruolo giocato dalla delazione di un fascista nel direzionare la pattuglia tedesca presso l’abitazione ? una ipotesi che Silei è molto bravo a decostruire.
Nella prima parte, invece, Catastini analizza la documentazione archivistica italiana disponibile (pubblicata alle pp. 37-69) e propone un’interpretazione del senso del massacro che, escludendo l’ipotesi di una rappresaglia, lo collega all’utilizzo della violenza preventiva sui civili in chiave antipartigiana, ?tesa a spezzare il legame che andava sempre più saldandosi tra Resistenza e popolazione? (p. 35), azzardando una analogia con il massacro del padule di Fucecchio.
La guerra ai civili è stata senz’altro uno degli strumenti utilizzati dal comando della Wehrmacht per gestire la campagna d’Italia, soprattutto nel periodo (giugno-ottobre 1944) che intercorre tra la liberazione di Roma e la sosta delle operazioni militari lungo la Linea Gotica. Ma non tutti i massacri avvenuti in queste settimane sono riconducibili al massacro preventivo in funzione antipartigiana o alla rappresaglia. Ci sono altre modalità di esercizio della violenza di occupazione. E non poche saranno le stragi gratuite commesse nel corso della ritirata da singole pattuglie tedesche, prive di qualsiasi ratio militare, direzione dall’alto o nesso con la repressione della Resistenza, ma frutto del razzismo, di un latente sentimento anti-italiano che si attiva proprio quando la hybris guerriera prende il sopravvento, alimentata dalla percezione di una guerra ormai compromessa. Il caso di Pratale mi pare uno di questi.

Gianluca Fulvetti