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Francesco M. Biscione – Il sommerso della Repubblica. La democrazia italiana e la crisi dell’antifascismo – 2003

Francesco M. Biscione
Torino, Bollati Boringhieri, pp. 178, euro 13,00

Anno di pubblicazione: 2003

Il volume di Biscione, in realtà una rielaborazione di precedenti testi scritti tra 2000 e 2002, si presenta come una riflessione aggiornata sul fenomeno della violenza politica nell’Italia repubblicana. Punto di partenza è l’approfondimento dell’elaborazione culturale di due personalità assai distanti tra loro, ma accomunate da una lettura della nostra storia recente suggestiva e ricca di intuizioni: Franco De Felice e Aldo Moro.
Partendo dal noto saggio di De Felice su Doppia lealtà e doppio Stato del 1989 e rifacendosi ad alcune considerazioni sviluppate dallo statista democristiano durante i mesi di prigionia nel carcere brigatista, l’autore ridimensiona la tesi che tende a spiegare gli episodi di violenza in Italia con il richiamo esclusivo al contesto internazionale della guerra fredda, valorizzando invece gli elementi che fanno riferimento a un conflitto prevalentemente interno. Non a caso, osserva Biscione, il ricorso alla violenza non è una caratteristica specifica del periodo repubblicano, ma rappresenta una costante dell’intera storia dell’Italia unita, come dimostrano la repressione sanguinosa del 1898 e lo squadrismo fascista. Riportato in una prospettiva storica di medio periodo, insomma, il fenomeno della violenza politica appare strettamente connesso al percorso di costruzione della democrazia nel nostro paese e chiama in causa la sostanziale estraneità verso tale percorso di una parte consistente della borghesia e delle classi dirigenti nazionali. ?In altri termini?, afferma l’autore, ?dinanzi all’emergere dell’allargamento della partecipazione e alla società di massa, la classe dirigente al vertice dello Stato si divise irrimediabilmente tra liberali tendenzialmente democratici e liberali tendenzialmente reazionari, senza poter più trovare linee di sintesi o di mediazione? (p. 49).
Anche il valore dell’antifascismo, pur egemone sul piano culturale e politico, non riuscì mai a diventare patrimonio comune della Repubblica e, di conseguenza, a permeare tutti i gangli del potere e della società. Ad opporvisi non furono tanto i residui del fascismo, marginali e squalificati, quanto una rilevante area a-partecipativa che aveva subito la Costituzione e che era rimasta distante dal processo democratico in atto. Questo settore, che Biscione definisce come Sommerso della Repubblica, senza approfondire la sua concreta articolazione, ha rappresentato nei decenni successivi un interlocutore in grado di incidere nelle varie fasi della vita politica nazionale e di diventare parte integrante degli equilibri del potere, in primo luogo all’interno della DC. L’eccezionale tasso di violenza politica della storia dell’Italia repubblicana, soprattutto nella fase che va dall’esaurimento della soluzione centrista nel 1960 al fallimento della formula di ?compromesso storico? nel 1979, è dovuto all’azione di forze che, sostiene l’autore, ?non tentarono mai una contrapposizione diretta ed esplicita con il governo; anzi, si potrebbe escludere che avrebbe mai potuto aver esito un tentativo golpista, perché in Italia il conflitto non si poneva nei termini di una contrapposizione tra un punto di vista militare e uno politico, ma di diversi punti di vista politici? (p. 132).

Antonio R D’Agnelli