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Frontiera Sud. L’Italia e la nascita dell’Europa di Schengen

Simone Paoli
Milano, Le Monnier, 343 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2018

Già dal 1861, l’Italia ha conosciuto una forte emigrazione, prima verso le Americhe,
poi diretta in Europa settentrionale, oltre a un importante spostamento interno dal Sud
al Nord della Penisola. A partire dal boom economico, l’Italia è stata poi un paese di transito,
per divenire infine una meta di altri processi immigratori che sono stati spesso mal
interpretati come componenti transitorie e forse marginali della vita nazionale. Solo agli
inizi degli anni ’80 fu chiaro che l’Italia, senza averlo scelto e forse senza averlo voluto, era
diventata un paese di immigrazione. Ciononostante, la classe politica nazionale procrastinò
il momento in cui assumersi le responsabilità e valutare le opportunità che i fenomeni
migratori comportavano. Sarebbe stato il contributo europeo della zona Schengen a richiamare
l’attenzione di Roma sulla trasformazione della politica e della cultura nazionale
di governo delle frontiere. Il recente volume di Simone Paoli si occupa di questo tema
di grande attualità, colmando una lacuna storiografica relativa all’intreccio tra fenomeni
sociali internazionali, europei e italiani, che sono spesso analizzati attraverso un unico
punto di vista che impedisce quel necessario sguardo più ampio che invece l’a. propone.
Tema importante nelle recenti campagne elettorali nazionali ed europee, argomento
usato, abusato e strumentalizzato, la politica migratoria (italiana ed europea) viene nel
volume indagata attraverso una ricostruzione storica a partire dal 14 giugno 1985, quando
cinque dei sei paesi fondatori delle Comunità europee si incontrarono a Schengen per
dare avvio a un processo destinato a trasformare il significato stesso di frontiera europea
e il modo in cui questa era stata storicamente concepita e organizzata. Collocata nel contesto
della realizzazione del Mercato Unico Europeo, la libera circolazione delle persone
avrebbe dovuto aggiungersi a quella di beni, servizi e capitali nella prospettiva di una più
efficiente allocazione dei fattori produttivi su scala europea; ma già allora fu chiaro che
l’incontro non mirava solo a liberalizzare i controlli ai confini interni, ma anche a creare
un ambizioso sistema di cooperazione su temi cruciali per la sicurezza e per la gestione dei
fenomeni migratori. La grande esclusa era l’Italia, che pagava le resistenze di Parigi, timorosa
dell’assenza di una vera politica italiana di controllo sull’immigrazione e, conseguentemente,
preoccupata della prospettiva che in assenza di controlli alle frontiere comuni la
penisola potesse diventare un comodo varco di accesso all’Europa centro-settentrionale
per gli immigrati illegali provenienti dai Balcani, dal Medio Oriente e dall’Africa settentrionale
e subsahariana.
Il nesso tra livello nazionale e internazionale del tema è confortato da un ampio
numero di fonti raccolte e consultate, sia bibliografiche che archivistiche. Questo ne fa un
libro interessante e al contempo chiaro e di facile lettura anche per i non addetti ai lavori:
Paoli ci consente di comprendere come la situazione di oggi debba essere affrontata senza
inutili pregiudizi, alla luce della storia del Mediterraneo e dell’Europa.

Lara Piccardo