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Giacomina Nenci – Aristocrazia romana tra ‘800 e ‘900. I Rospigliosi – 2004

Giacomina Nenci
Ancona, Proposte e ricerche, pp. 167, s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2004

Sulla base di una ricerca archivistica estesa, intelligente e filologicamente ineccepibile, e di una completa padronanza della letteratura attinente al tema del libro, l’autrice ricostruisce la storia di una delle più illustri famiglie dell’aristocrazia romana, dal suo arrivo a Roma, nella seconda metà del Seicento, fino alla sua uscita di scena nel XX secolo.
Quella dei Rospigliosi emerge come una vicenda importante e altamente significativa della storia di un ceto che restò sino agli inizi del XX secolo uno dei maggiori pilastri della società romana, mantenendo praticamente inalterati caratteri e dimensioni. L’arrivo della famiglia a Roma, da Pistoia, e il suo immediato inserimento nei ranghi alti della nobiltà romana avvenne in seguito all’elezione al soglio pontificio di Giulio Rospigliosi (Clemente IX). Rappresentò un’ulteriore tappa del processo di ridimensionamento della nobiltà feudale romana, in atto dalla fine del XVI secolo, e di crescita della nuova nobiltà nepotistica, che vide arrivare a Roma nell’arco di circa un secolo famiglie come i Borghese e i Chigi, i Boncompagni e i Ludovisi, i Barberini e gli Aldobrandini, i Corsini e i Pamphilj, gli Ottoboni e gli Odescalcho.
Terra e fedecommesso furono gli strumenti del predominio economico e sociale della nobiltà romana. Le dimensioni e la natura del patrimonio Rospigliosi e le strategie familiari per la sua conservazione, puntualmente ricostruite e collocate dall’autrice nel contesto italiano ed europeo, lo confermano. Il fedecommesso, istituito sin dalle origini del patrimonio, fu sempre tenacemente difeso, fino alla sua abolizione ad opera della legislazione dello Stato unitario.
L’analisi dei fattori della crisi finale della famiglia costituisce la parte più innovativa e originale del volume. L’autrice porta un contributo notevole alla misurazione del livello di coinvolgimento dell’insieme della nobiltà romana nella crisi edilizia degli anni Ottanta-Novanta. Nel caso specifico dei Rospigliosi, essa precisa che gli effetti non furono devastanti, come invece per altri casati. Confermato, poi, che l’aggravio fiscale indotto dallo Stato italiano sulla proprietà fondiaria fu rilevante anche per i Rospigliosi, l’autrice rileva che la crisi agraria, per quanto pesante, non provocò danni irreparabili alla famiglia, convenendo con la proposta di ridimensionamento della portata negativa della crisi agraria avanzata, in linea generale, da Stefano Fenoaltea. L’andamento delle rendite della tenuta di Maccarese e del feudo di Zagarolo dimostra che negli anni della crisi agraria la flessione fu contenuta e limitata nel tempo, e che quindi la conduzione tradizionale delle terre dell’Agro oppose una resistenza abbastanza efficace ai colpi della crisi.
Il pericolo maggiore per le posizioni dei Rospiglosi venne invece dall’obbligo di bonifica dell’Agro Romano. Ed in effetti, mentre la tenuta generale dei grandi patrimoni appare forte fino al primo conflitto mondiale, quella dei Rospigliosi andò anche oltre, e il tracollo avvenne solo in seguito alla crisi del 1929 e agli effetti della politica agraria fascista.

Guido Pescosolido