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Giancarlo Monina (a cura di) – Il Movimento di unità proletaria (1943-1945). Con due contributi su Lelio Basso e il PSI nel dopoguerra – 2005

Giancarlo Monina (a cura di)
Roma, Carocci, pp. XIX-248, euro 19,50

Anno di pubblicazione: 2005

Il volume ospita una ricerca di Amati sull’esperienza del MUP, sulle sue radici ideologiche e i suoi orientamenti programmatici. Nel movimento si distinsero una minoranza ?moderata?, che guardava alla vecchia tradizione socialista, e la maggioranza di sinistra di Basso. Nel gennaio 1943 si tenne il primo congresso del MUP. Il programma lo presentava come un movimento rivoluzionario che rompeva ?con la sconfitta e passiva mentalità evoluzionista delle vecchie correnti del socialismo? (p. 27). Il radicalismo del MUP, che nell’Italia centro-meridionale riuscì a svilupparsi solo a Roma, condizionò i suoi rapporti con PCI e PSI. I comunisti trassero forza dagli scioperi del marzo-aprile 1943 e costrinsero il MUP a entrare nel Comitato delle opposizioni. I rapporti con il PSI furono diversi a seconda delle zone. Pur considerando la militanza di molti esponenti del MUP in GL, i rapporti con il Pd’A furono di concorrenza, ?essendo entrambe le organizzazioni decise a conquistare il consenso dei più giovani? (p. 85). Dopo il 25 luglio, le trattative per la fusione tra MUP e PSI subirono un’accelerazione. Il peso di Basso, che insisteva ?per esprimere l’immagine classista e le finalità rivoluzionarie del MUP?, venne ridimensionato da Morandi (p. 93). Il convegno di Roma sancì la nascita del PSIUP, il cui programma classista e rivoluzionario fu influenzato dalle istanze del MUP. Dopo l’armistizio, il PSIUP si dimostrò però ?ancora impreparato ai nuovi compiti che la paventata occupazione nazista poneva? (p. 104). Tuttavia, nonostante i contrasti tra le varie anime del partito non si fossero esaurite, la Resistenza costituì il collante per la collaborazione dei socialisti con tutte le componenti dell’antifascismo. La ricerca di Amati è corredata da un’appendice di documenti e da profili biografici di militanti. La seconda parte del volume consta di due saggi incentrati su Basso e il suo rapporto con il PSI. Giovannini affronta la fase di ?persecuzione? politica subita da Basso all’inizio degli anni ’50, dopo la riconquista della segreteria da parte della sinistra che, con l’aiuto dello stesso Basso e il sostegno del PCI (p. 186), aveva sconfitto al congresso di Firenze la linea di Lombardi e Foa. I primi anni ’50 rappresentarono la fase più cupa della guerra fredda e i metodi ?staliniani? accomunarono i vertici del PSI e del PCI. Nel 1951 fu sancita la ?liquidazione? di Basso, che non trovò la forza per portare la frattura con Nenni alle estreme conseguenze e, nel nome dell’unità, decise di accettare la sua ?marginalizzazione?. Mattera ricostruisce il ritorno di Basso ai vertici del partito nella fase dell’apertura a sinistra. Nel rifiutare l’accordo con la DC, egli tentò di mantenere in vita una sua corrente al fine di coniugare autonomismo e radicalismo politico-sociale ma, di fronte alla polarizzazione dello scontro interno, fu obbligato a confluire nella sinistra. Una scelta ?particolarmente dolorosa sul piano personale e umano? (p. 238), sancita dal discorso in Parlamento con cui Basso, a nome della minoranza, annunciò il rifiuto a sostenere il governo Moro.

Andrea Ricciardi