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Giorgio Boatti – Bolidi. Quando gli italiani incontrarono le prime automobili – 2006

Giorgio Boatti
Milano, Mondadori, 295 pp., euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2006

La Grande guerra vista dalla prospettiva polisemica dell’automobile che conduce l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando d’Asburgo a Sarajevo nel 1914 verso il «suicidio dell’Europa». Questa è una delle suggestioni più originali ed efficaci del libro, meritevole, forse, di essere promossa da intuizione a vero e proprio asse centrale dell’ultima fatica di Giorgio Boatti.Comprese tra l’assassinio di Umberto I e quello dell’erede al trono d’Austria, le pagine edite da Mondadori raccontano l’impatto della diffusione dell’automobile sulla società italiana, senza omettere gradevoli riferimenti al contesto europeo. Come scrive con puntualità l’autore, si tratta di un volume divulgativo che, tuttavia, ha attinto apprezzabilmente ad un buon repertorio di letteratura secondaria e a una serie non trascurabile di fonti a stampa del periodo tra cui «La Domenica del Corriere», il «Corriere della Sera», «L’Illustrazione italiana», «L’Auto. Rivista dell’automobilismo in Italia e all’estero», «L’Automobile. Rivista della locomozione e industrie affini». Tra i materiali più significativi, vale la pena di segnalare, in particolare, la «Rivista mensile del Touring Club Ciclistico italiano» (poi «Rivista mensile del Touring Club Italiano») consultata, pare di capire, presso il Centro di documentazione del Touring Club Italiano, che potrebbe rivelarsi come un’importante risorsa per gli studiosi.La scrittura, suddivisa in dodici capitoli cui vanno aggiunti un prologo, un epilogo e un inserto iconografico di 34 foto reperite, in prevalenza, presso gli archivi Alinari e Touring Club, scorre liscia. Boatti ha due meriti soprattutto il primo consiste nell’aver offerto un testo che intreccia un registro narrativo, talvolta accostabile al romanzo erudito denso di descrizioni dettagliate, ad un altro più tipicamente saggistico. Unico neo resta la totale assenza di riferimenti chiari per le citazioni dirette contenute nel libro. Il secondo merito consiste nell’aver affrontato un tema poco frequentato dalla storiografia. Se il Novecento, infatti, è stato anche il secolo del fordismo e questo è inseparabile dall’automobile, risulta più grave la carenza di studi sul nesso tra le «quattro ruote» e il cambiamento della società nelle sue molteplici sfaccettature. In questa prospettiva, Boatti lascia balenare nitidamente tutte le potenzialità di una storia sociale dell’auto che tenga insieme lo studio dei contesti in cui si calano la nascita e la vicenda dell’auto, delle rappresentazioni e delle pratiche. Ne uscirebbe così uno scorcio potente sulla parabola del Novecento all’incrocio tra storia industriale e della tecnica, storia dei consumi e dei costumi, storia dei trasporti e dell’urbanistica, geografia economica, storia istituzionale delle associazioni degli interessi e del loro impatto sulla legislazione, storia del lavoro.

Andrea Rapini