Cerca

Giovanni Goria: il rigore e lo slancio di un politico innovatore

Francesco Marchianò, Paolo Giaccone
con prefazione di Marco Damilano, Venezia, Marsilio, 188 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume è frutto di un lavoro preparatorio della Fondazione Giovanni Goria, creata ad Asti nel 2004, decennale della morte del politico piemontese. Presso la fondazione sono conservate le carte di Goria e le interviste a suoi amici, collaboratori e colleghi raccolte con un apposito progetto. Il risultato è un’opera che si articola in una presentazione (di Marco Goria), una prefazione (di M. Damilano), un contributo di contestualizzazione (F. Marchianò), uno di più attenta biografia politica (P. Giaccone), una cronologia che contiene anche stralci delle interviste summenzionate, e un’appendice contenente l’omelia tenuta per i funerali dall’allora mons. Poletto, vescovo di Asti, e articoli di Rosa Russo Jervolino e Giuseppe Sangiorgi apparsi in mortem su «Il Popolo». L’articolazione conduce inevitabilmente a ripetizioni, ed esse talvolta riguardano anche le sviste (imprecise, ad esempio, le definizioni dei governi di «solidarietà nazionale» a p. 24 e di «non sfiducia» alle pp. 65 e 70).
Il volume ha il merito di accendere i riflettori della ricerca su una personalità di indubbio interesse per la storia degli anni ’80 e inizio ’90. Appartenente alla corrente di base della sinistra Dc, Goria ha ricoperto la carica di ministro del Tesoro dal 1983 al 1987 nei governi Craxi I e II e nel Fanfani VI. È un periodo travagliato per l’economia dello Stato, che vede aumentare tanto la spesa pubblica che il debito, nonostante le ambizioni di Goria di attuare politiche di rigore a fronte della crescita sostenuta del PIL. La rilevanza dei temi economici e la declinazione in essi di una sensibilità cristiana restano uno specifico dell’azione di Goria che meriteranno ulteriori approfondimenti in sede scientifica. La breve esperienza alla guida del governo, dal luglio 1987 al marzo 1988, che ne fece allora il più giovane presidente del Consiglio della storia d’Italia, fu segnata da continue tensioni sia tra i partiti che lo sostenevano che all’interno della Dc. In uno degli stralci di interviste Franco Pizzetti spiega le difficoltà del governo Goria col fatto che «De Mita non sopportò mai di non essere lui a Palazzo Chigi, considerò sempre l’averci mandato un altro, fosse pure Goria, come una rinuncia dopo aver dovuto soggiacere a Craxi» (p. 167). Opportuna appare la sottolineatura sulla questione che coinvolse Goria dal punto di vista giudiziario a proposito della Cassa di risparmio di Asti. Dalla vicenda egli uscì immacolato, ma per un periodo, a causa di un giudice poi incriminato per corruzione e abuso d’ufficio, si vide tramutare da controllore a complice di un sodalizio tra Filippo Alberto Rapisarda e Marcello Dell’Utri. La ricostruzione si basa prevalentemente sui discorsi e contributi di Goria e su articoli di quotidiani, con una comprensibile prevalenza di quelli de «La Stampa» di Torino. Nella prefazione Goria viene definito «il volto migliore di un rinnovamento mancato» [p. 22], che si aggiunge al mancato incarico a Marcora nell’82 e al mancato rinnovamento della Dc demitiana, e che pone interrogativi sulle ragioni di tante occasioni sprecate.

Augusto D’Angelo