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Giovanni Miccoli, Guido Neppi Modona e Paolo Pombeni (a cura di) – La grande cesura. La memoria della guerra e della resistenza nella vita europea del dopoguerra – 2001

Giovanni Miccoli, Guido Neppi Modona e Paolo Pombeni (a cura di)
Bologna, il Mulino, pp. 568, euro 41,32

Anno di pubblicazione: 2001

Al centro del volume è la rielaborazione delle esperienze complesse che caratterizzarono il passaggio traumatico da regimi nazi-fascisti o collaborazionisti alle democrazie del dopoguerra: la contesa sulla memoria tra comunisti e cattolici, il problema della rielaborazione del passato fascista fra colpe e assoluzione in ltalia; la riproposizione della tradizionale divisione fra cattolici e repubblicani laici, la riaffermazione della nazione attraverso De Gaulle, i conti con la memoria di Vichy e con la resistenza in Francia; il problema di ritrovare un’identità lacerata e infangata dal nazismo in Germania. Ricordo e negazione della resistenza sono collegati alla battaglia per la legittimazione politica: la resistenza e il passato fascista, nazista, petainista diventano terreni di contesa per legittimarsi, per difendersi da eventuali epurazioni, per proporre nuove identità. Per Miccoli la resistenza, esaltata come guerra di tutto un popolo, funzionò da ?lavacro purificatore della popolazione italiana?, che poté presentarsi come ?vittima? del fascismo e non come soggetto coinvolto, almeno in parte, nella politica del regime; d’altro canto l’interesse da parte cattolica a non approfondire le responsabilità del passato contribuì a produrre una ?rimozione complessiva del problema del fascismo dalla storia della società italiana? (p. 52). Sul fascismo e sulla sua memoria tornano Neppi Modona, con il problema della giustizia, delle colpe e della sostanziale assoluzione degli italiani, e Cavazza. Pombeni mette in luce il rapporto negato con il periodo liberale e con l’intera storia della nazione. Anche in Francia, secondo Wieviorka, venne costruita nel dopoguerra l’immagine di una popolazione favorevole nella sua interezza alla resistenza, immagine che, analogamente al caso italiano, servì a cancellare il coinvolgimento con la repubblica di Vichy. Lo studioso ripercorre inoltre la vicenda mutevole della costruzione dello statuto di combattente con la sostanziale sottovalutazione della resistenza civile e spontanea. Questa discussione rimanda poi al dibattito che coinvolse i tribunali internazionali sui crimini di guerra, e che si pose subito, nell’Italia dell’immediato dopoguerra, nei processi contro i fascisti, arruolati in un esercito ?regolare?, e contro i partigiani, giudicati in base a uno statuto di soldato non pienamente riconosciuto e facilmente ricacciabile, in quanto protagonista di violenze, nella sfera del criminale comune. I saggi, che mettono al centro quasi sempre memorie istituzionali e pubbliche, lasciano fuori le memorie di gruppi non organizzati politicamente, le memorie popolari e i cortocircuiti fra i vari livelli. A eccezione delle relazioni degli storici tedeschi. Kaschuba parla di memoria e identità collettiva, analizzando le strategie simboliche pubbliche tese ad appannare il ricordo del nazismo. Schlör ci presenta l’immagine della Germania degli esuli e degli ebrei fuggiti dal nazismo e, viceversa, quella dei tedeschi sui transfughi: una negazione e esclusione che produssero una ferita grave all’identità della nazione, che non seppe includere nella propria storia le esperienze e le memorie antinaziste.

Gabriella Gribaudi