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Giuliano Garavini – Dopo gli imperi. L’integrazione europea nello scontro Nord-Sud – 2009

Giuliano Garavini
Firenze, Le Monnier, XIII-359 pp., euro 26,00

Anno di pubblicazione: 2009

Un libro ambizioso, ampio, coraggioso. Come se ne vedono di rado, ormai, da giovani studiosi comprensibilmente restii a rischiare le grandi interpretazioni e prudentemente ripiegati nella focalizzazione stretta e iper-specialistica. Qui invece l’a. spazia su tutto l’arco della grande transizione degli anni ’70 per delineare, sulla base di una vasta ricerca in molti archivi, la parabola dei tentativi di indirizzare l’integrazione europea verso una «trasformazione cooperativa dell’economia internazionale» (p. 6) fondata sul dialogo Nord-Sud, il contenimento delle dinamiche di mercato e l’ambizione a una maggiore uguaglianza – tra le nazioni ed entro di esse.C’è un agente storico principale ed è la «marea culturale e sociale generata dal Sessantotto» (p. 304), che per l’a. include una filosofia più ugualitaria, la propensione post imperiale a smarcare l’Europa dagli Stati Uniti ed aprirsi a progetti di sviluppo concordati con il Terzo Mondo, ed il protagonismo di nuovi soggetti – dai sindacati alle Ong fino ad alcuni governi nazionali. Essa segna in profondità «un decennio socialdemocratico» (p. 149) che ha il suo momento culminante intorno al 1972-1975, quando il progetto terzomondista del Nuovo ordine economico si interfaccia con i tentativi europei, e particolarmente francesi, di rispondere al disordine monetario e petrolifero con la costruzione di un reticolo collaborativo che allacci lo sviluppo del Sud all’economia europea. Nella seconda metà del decennio l’impeto socialdemocratico deve contendere con l’ascesa economica e politica di un nuovo conservatorismo nel quale si rispecchia lo sforzo statunitense di uscire dalla crisi d’egemonia e ristabilire la propria preminenza. E la «marea» poi recede – sostanzialmente sconfitta – dopo il 1979 quando il secondo shock petrolifero e l’affermazione liberista della politica degli alti tassi d’interesse riaffermano l’egemonia statunitense in una dinamica di globalizzazione di mercato. Nel decennio successivo l’Europa si piegherà a questo nuovo scenario con i progetti, culminati a Maastricht, che danno priorità alle ragioni della modernizzazione competitiva.Io non sono convinto che l’Europa degli anni ’70 sia stata così pienamente socialdemocratica o che dal 1968 europeo fosse uscita una spinta tanto univoca (o così radicalmente diversa da quella del 1968 americano). Né credo che la dinamica competitiva tra Europa, Stati Uniti e Terzo Mondo possa essere interpretata prescindendo dai suoi intrecci con la rivalità bipolare. Non sono neppure pienamente sicuro che un eventuale patto Nord-Sud maggiormente cooperativo avrebbe sortito effetti grandemente positivi.Ma non ho dubbi sull’importanza di un libro denso e stimolante, che costringe a ripensare da nuove angolazioni la complessa vicenda internazionale degli anni ’70, a collocare il percorso europeo in contesti ben più ampi e mobili, e a confrontarci con quel terreno tanto insidioso quanto illuminante per gli storici costituito dai progetti non riusciti, dalle alternative che non si realizzarono.

Federico Romero