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Giuseppe Aragno – Antifascismo popolare. I volti e le storie – 2009

Giuseppe Aragno
Roma, manifestolibri, 192 pp., Euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2009

Con bel piglio narrativo Aragno racconta le storie dell’opposizione al fascismo. Storie di singoli, donne e uomini, seguiti nei percorsi di persecuzione, d’esilio, o di carcere o di confino. Le ha raccolte negli incartamenti della polizia politica e di qui poi ha cercato integrazioni nelle memorie, nella stampa dell’epoca e infine nelle biografie edite. Il suo, dichiara, è un viaggio in treno che parte da Napoli nel 1937: e in quel viaggio metaforico, messi da parte l’ordine cronologico e i nessi causali, si ferma a guardare e a descrivere i personaggi che va incrociando, a partire da quelli che, in drappello, la polizia sta scortando verso il carcere proprio mentre lui – Aragno – sta scendendo dal treno. Deve essere per forza una storia che non dà peso determinante a temi e a scansioni e a moduli interpretativi canonici: l’antifascismo che lui vuol rappresentare non obbedisce ai canoni di una storiografia che mette al centro l’epopea del Partito comunista clandestino; è piuttosto l’epopea dell’antifascismo «popolare», se con tale termine si intende un antifascismo diffuso che copre un arco amplissimo, che va dall’anarchico al liberale. Con ciò non esclude i militanti del Pci; il suo cuore batte là dove emerge la protesta morale, la fedeltà alle grandi idee liberali e libertarie. La storia dell’Italia nel fascismo non è solo «storia della lotta al fascismo»; ma «sarebbe impossibile ricostruirla senza tener conto del ruolo che l’antifascismo vi svolse. Un antifascismo dai mille volti, complesso e articolato, contro il quale un regime odioso e tracotante urta costantemente, nonostante la durezza della repressione» (p. 49). Storie dunque complesse, che ci conducono fino alla Spagna della guerra civile, mentre fanno emergere il profilo dell’antifascismo borghese e liberale, l’antifascismo colto che ha come riferimento personalità quali Croce e Fortunato, dietro i quali «si mantengono attive coscienze critiche in grado di aprire piccole ferite nel fianco del regime» (p. 69). Napoli è lo scenario donde scaturiscono tutte queste storie, che suggeriscono anche – mi pare – un sottile intento polemico verso la storiografia che ha individuato nel Nord industriale e operaio il nucleo decisivo dell’opposizione al fascismo. Tanto più che il capolinea di gran parte delle storie è rappresentato proprio dalle quattro giornate di Napoli: non più moto popolare indistinto, luogo dell’emozione antitedesca, ma frutto della lunga tenace opera di un antifascismo diffuso, radicato profondamente in una Italia ben lontana dall’essere integralmente prona ai voleri del duce e alle sue arti incantatrici. È comunque difficile da sintetizzare: «l’antifascismo, così come lo vado conoscendo in questo mio viaggio, ha molte anime» (p. 123). E proprio per questa capacità di far vivere tante storie differenti in quadro unitario, questo libro si presenta come un bell’esempio di ricerca storica, di scrittura accattivante e appassionata, da cui molti avrebbero da imparare.Due soli appunti, non all’a. ma all’editore. In un libro del genere un indice dei nomi è strumento essenziale; e magari anche lo scioglimento delle sigle archivistiche potrebbe tornare gradito a qualche pignolo.

Luigi Ganapini