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Giuseppe Bellosi e Marcello Savini (a cura di) – Verificato per censura. Lettere e cartoline di soldati romagnoli nella prima guerra mondiale – 2002

Giuseppe Bellosi e Marcello Savini (a cura di)
Premessa di Daniela Savoia, Prefazione di Tullio De Mauro, Cesena, Il Ponte Vecc

Anno di pubblicazione: 2002

Una sorta di interventismo bibliotecario si mobilitò, come è noto, per documentare la prima guerra. Si formò anche un fondo presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena ?fra i più rilevanti delle proprie raccolte novecentesche? (Savoia). I curatori, ricomposta la raccolta, hanno vagliato le lettere dei soldati salvate. Tra duemila documenti, lettere e cartoline, ritornano a disposizione del lettore alcune centinaia di pezzi per una sessantina di soldati (?I testi qui pubblicati sono i più significativi sotto il profilo tematico, psicologico e linguistico?). E’ come un debito di dar pubblicità che viene onorato: chi non ricorda il darsi la voce di Renato Serra, bibliotecario a Cesena, coi giovani popolani, appena prima di andare a morire al fronte? Restano queste lettere scritte a padri, madri, sorelle e amanti, anche al padrone. Non so se il pregio dell’offerta documentaria sarà più riconosciuto da chi è intimo della Romagna, ma nessuno si sentirà estraneo al travaglio di sentimenti, di lingua, di cultura messo alla prova di quella guerra. D’accordo con De Mauro, viene aggiunto ?un altro tassello al quadro, anzi ai quadri nascenti del più generale recupero e studio dei documenti della vita, diciamo così, non ufficiale del nostro paese?.
I protagonisti sono in gran parte giovani contadini e braccianti, qualche artigiano e uno studente. Il mondo contadino, rovesciato nella guerra, dà luogo a un realismo espressionista che riporta a considerare le grandi doti della comunicazione poetica degli illetterati. Dopo queste comunicazioni quasi nessuno tornò. Il libro si segnala perché sia letto, non si presta a citazioni, a qualche battuta da questo teatro. De Mauro ancora pensa alla corda bassa della storia sociale e della lingua che circonda e assedia il vuoto oligarchico della tradizione colta. I curatori hanno il merito di una bella edizione, che fa emergere carte trascurate, tuttavia drammatiche e al centro della nostra storia. Savini ha letto in quelle povere carte minuti comportamenti, ansie, sentimenti che portano il segno di un preciso contesto culturale e del mondo lasciato a casa: ?E’ un’umanità offesa che, lancinata dalla nostalgia, finisce col proporci una messe copiosa di dati utili per la conoscenza della società contadina romagnola vista nei suoi ritmi quotidiani di una dura esistenza?(p. 22); Bellosi ha ragionato sul registro linguistico di questi scrittori, che tra cultura orale e stentata alfabetizzazione sono strenui nello sforzo di mettere la voce ?in un pezo di carta?: poesia misteriosa di una lingua e scrittura così poco ortografica, lessicale, grammaticale e sintattica (mani diverse per lo stesso testo e perfino parole spezzate in tre!). Tutte le anomalie sono fedelmente rispettate nella trascrizione. La cultura scritta non univa gli strati sociali, ma nel contatto nemmeno la cultura delle classi popolari era più autonoma. ?Il processo di eliminazione dell’analfabetismo risulta, in Romagna, più intenso tra il 1901 e il 1921? anche per ?l’intensificarsi dell’associazionismo politico e sindacale e delle relative attività di promozione dell’alfabetismo?(p. 43).

Pietro Albonetti