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Giuseppe Casarrubea, Mario J. Cereghino – Tango Connection. L’oro nazifascista, l’America Latina e la guerra al comunismo in Italia 1943-1947 – 2007

Giuseppe Casarrubea, Mario J. Cereghino
Milano, Bompiani, 200 pp., Euro 9,00

Anno di pubblicazione: 2007

Gli aa. hanno tentato di presentarci le complesse vicende politiche del nostro paese negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, la storia dei suoi molti misteri, reali e presunti. Nella trama, il cui filo appare troppo frequentemente spezzato, si susseguono, affastellati, eventi epocali a cui viene associata una pletora di personaggi trattati un po’ alla rinfusa senza un’adeguata valutazione del grado della loro importanza storica. Per cui capita d’imbattersi in personalità di grande rilievo politico e militare disinvoltamente confuse con comprimari e comparse, tutti egualmente disposti al «golpe» pur di scongiurare il pericolo comunista. Inoltre non sempre si comprende il giudizio dei due storici sull’attendibilità e reale consistenza del pericolo «golpista».Leggiamo, ad esempio, che il generale Messe avrebbe presieduto una riunione di «golpisti» nel corso della quale avrebbe passato in rassegna le forze neofasciste riunite sotto un fantomatico Fronte internazionale anticomunista (FIA). Tra i massimi dirigenti di questo FIA vengono citati Antonio Di Legge e Marco Fossa, due ex confidenti dell’OVRA, che, tuttavia, nella relazione presa in considerazione dagli aa. e compilata da Saverio Polito, questore di Roma, vengono considerati due millantatori, mentre la FIA viene definita poco più d’una mera sigla «a carattere truffaldino», cioè costituita per spillare denaro a ingenui nostalgici o anticomunisti agiati. Ancora: secondo gli aa., nell’autunno 1946 si sarebbe costituito a Roma un centro neofascista di cui avrebbero fatto parte alcune personalità di altissimo rango. Si fanno i nomi di Luigi Ferrari, capo della nuova polizia della Repubblica italiana, Leone Santoro, capo del SIS, cioè i servizi segreti post-fascisti, Pompeo Agrifoglio, ex capo del SIM del «Regno del Sud», Augusto Turati, ex segretario del PNF, e per ultimo, immancabile, un agente dei servizi segreti americani, in questo caso Philip Corso. Insomma si sarebbe trattato di un vero e proprio complotto tra il SIS e il neofascismo. Ora, se questa notizia fosse vera, per dovere di coerenza si sarebbe dovuto trattare con estrema cautela tutta la documentazione del SIS, soprattutto quella relativa al neofascismo, verosimilmente inquinata, mentre, al contrario, i due aa. mostrano di aver preso talmente sul serio la documentazione del SIS da fondarvi buona parte del loro lavoro. Gli esempi potrebbero proseguire.Il risultato finale è una messe d’interrogativi, che purtroppo rimangono tali, perché la tesi di fondo dei due aa., più che spiegare o stimolare nuove ipotesi interpretative, finisce per abbandonarsi a conclusioni scontate, da «guerra fredda», pigiate a forza nel generoso contenitore rappresentato dalla CIA. Il pregiudizio ideologico sotteso al lavoro finisce così per condizionare l’approccio metodologico, che si presenta perciò fortemente ispirato dalla necessità di liquidare come falsa e fuorviante buona parte di ciò che appare, e di cercare la verità «vera» sempre dietro le quinte. L’impressione è che siamo in presenza di una storiografia del tutto indiziaria in cui la teoria complottistica dello «Stato parallelo» finisce inevitabilmente per farla da padrone.

Mauro Canali