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Giuseppe Mayda – Il pugnale di Mussolini. Storia di Amerigo Dùmini, sicario di Matteotti – 2004

Giuseppe Mayda
Bologna, il Mulino, pp. 418, euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2004

?Piacere, Dùmini, undici omicidi?: nulla più di questa compiaciuta autopresentazione delinea l’inquietante personalità del futuro assassino di Matteotti, ricostruita con grande rigore storico e maestria narrativa da Mayda.
Nato nel 1894 negli USA da madre inglese e padre fiorentino, pittore e mercante d’arte, Dùmini vive avventurosamente la dirompente esperienza della prima guerra mondiale. Volontario negli arditi del ?Battaglione della morte?, ferito, decorato, congedato con pensione di mutilato, rientra nella Firenze dei conflitti sociali del dopoguerra come un reduce deluso, senza prospettive di lavoro, dileggiato e malmenato da manifestanti socialisti. Da queste premesse prende le mosse, come per tanti altri ex combattenti, il viaggio di Dùmini dentro lo squadrismo. Comuni alla sua generazione sono il mito della vittoria tradita, il disprezzo per i riti della democrazia parlamentare e dei partiti, l’odio contro i ?rossi?, il culto della violenza e dell’organizzazione squadristica paramilitare che rinverdisce il cameratismo delle trincee. Dùmini ci aggiunge il gusto compiaciuto per l’aura terroristica che lo circonda, l’esibizione sfrontata del suo potere di intimidazione, la spregiudicatezza nell’attorniarsi dei fascisti più corrotti e turbolenti e nel deviare il molto denaro ottenuto a beneficio suo e della sua esosa famiglia, la propensione a manovrare nell’ombra, oltre le direttive ricevute: una tendenza innata a strafare, che lo rende scomodo per lo stesso Partito. Ma saranno proprio queste sue ?qualità? a farne l’uomo di fiducia e il guardaspalle prima di Cesare Rossi, capo dello squadrismo milanese e quindi di Mussolini, che di lui si servirà per mettere in piedi la CEKA, incaricata di trattare gli ?affari sporchi? del regime.
In questo ambito si collocano il sequestro e l’uccisione di Matteotti, che Mayda ricostruisce dettagliatamente sulla base dell’ampia bibliografia esistente e incrociando le spesso contraddittorie rivelazioni dei protagonisti stessi. Il clamore suscitato dall’uccisione del deputato e la maldestra realizzazione della missione da parte di Dùmini e dei suoi accoliti, che vengono immediatamente scoperti mettendo in grave imbarazzo Mussolini, individuato dall’opinione pubblica come il reale mandante del delitto, costringono il duce ad abbandonare apparentemente i sicari al loro destino giudiziario, salvo segretamente manovrare per il loro salvataggio; senza tuttavia riuscire più a sottrarsi all’arma del ricatto morale ed economico che Dùmini e la sua famiglia (in primis la madre, maestra nel bilanciare implorazioni e intimidazioni) puntano su di lui, costringendolo a foraggiarli lucrosamente, ma divenendo essi stessi ostaggio di uno stretto controllo di polizia che non li può più abbandonare. Gli svariati milioni che Dùmini riuscirà a spillare a Mussolini col suo spericolato gioco di azzardi e ricatti non lo preserveranno tuttavia dal morire in miseria e in solitudine nel dopoguerra.

Brunella Dalla Casa