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Giuseppe Tamburrano – Giacomo Matteotti. Storia di un doppio assassinio – 2004

Giuseppe Tamburrano
Torino, Utet, pp. IX-174, euro 18,50

Anno di pubblicazione: 2004

Il sottotitolo scelto per questa agile e partecipe biografia umana e politica del martire antifascista poteva far temere un qualche ammiccamento nei confronti di una certa storiografia che indulge al misterioso e al sensazionale. Del resto, proprio sul delitto Matteotti sono state formulate negli ultimi tempi ipotesi più stravaganti che convincenti, adottando criteri interpretativi più consoni alla letteratura delle detective stories che al prudente riscontro dei dati di fatto accertati e disponibili. Nulla di male, naturalmente: anche le più azzardate suggestioni possono essere formulate sulla base di congetture plausibili ancorché di incerto riscontro. Il fatto è però che su questa strada le responsabilità certe del delitto, quelle di Mussolini e dei suoi camerati, finiscono per sbiadire in un fondale indistinto dove la ricerca di responsabilità sempre più imprevedibili e collaterali, attribuite a mandanti esterni alla scena italiana del tempo, tende a prevalere. Non si può non rilevare, in proposito, come un certo revisionismo animato dalla caccia allo scoop giornalistico produca spesso risultati di sconcertante fraintendimento storico. Basti ricordare le recenti polemiche sui nomi di alcuni antifascisti illustri considerati come collaboratori dell’OVRA o le ipotesi di mandanti ?comunisti? per l’assassinio dei fratelli Rosselli.
Al contrario Tamburrano, dopo aver ricostruito nella prima parte del libro una biografia privata di Matteotti non meno interessante e significativa di quella politica, una biografia ?civile? appunto, quale era nelle note morali ed esistenziali del protagonista, si dedica nella seconda a quello che giustamente definisce come ?doppio assassinio?. Si trattò, infatti, non solo della sistematica repressione di ogni tentativo di perpetuare negli anni il ricordo del martire, ma anche di procedere a quella che Farinacci definiva come ?smatteottizzazione? della memoria politica, quasi prefigurando velleità e presagi di un totalitarismo di futuro sapore orwelliano. Ma dove l’abiezione morale toccò il suo culmine fu nell’assidua, implacabile opera di sollecitazione alla ?compromissione? nei confronti della vedova, Velia Titta, che fu attirata con blandizie e minacce ad accettare incauti contatti e attenzioni che miravano a rilegittimare l’immagine dell’assassino, che si proponeva quasi pietosamente benevolo nei riguardi della sua stessa vittima. Così, mentre si è indotti a giudicare prioritariamente l’adeguatezza della reazione della vittima al sopruso che subisce, passa in ombra la responsabilità morale di chi pone la vittima stessa in quella penosa condizione. Tamburrano denuncia con grande vigore questa estrema indegnità morale dei carnefici di Matteotti e insieme richiama il più generale tema della valutazione da dare nei confronti di quei regimi che obbligano i cittadini all’alternativa drammatica tra la resistenza eroica e la penosa rassegnazione alla sottomissione. Che non accada, come invece sempre più di frequente avviene ad opera di una pubblicistica fatua e presuntuosa, che si mettano sul banco degli imputati morali della storia le vittime, che non avrebbero saputo resistere abbastanza fieramente, piuttosto che i carnefici che le hanno rese tali.

Marco Brunazzi