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Gli anarchici nell’età repubblicana. Dalla Resistenza agli anni della Contestazione, 1943-1968

Pasquale Iuso
Pisa, BFS, 240 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione:

La crisi vissuta dal movimento anarchico nel corso del primo ventennio dell’Italia
repubblicana si è riflessa nello scarso interesse mostrato dalla storiografia sull’argomento.
Se si escludono alcune biografie o casi locali, gli studi sull’anarchismo italiano, infatti, si
sono concentrati prevalentemente sui decenni a cavallo tra l’800 e il ’900, arrestandosi alle
soglie della prima guerra mondiale o, al massimo, all’avvento del fascismo. Al contrario,
l’a. ha analizzato la storia degli anarchici nel periodo compreso tra la Resistenza e la fine
degli anni ’60. Una fase – è la tesi principale del libro – in cui il movimento anarchico,
per quanto ridotto nei numeri e nel peso sociale, fu tuttavia attraversato da un vivace
dinamismo, testimoniato da un dibattito interno teso a elaborare un aggiornamento
della proposta anarchica di fronte alle nuove problematiche poste dal sistema politico e
sociale repubblicano. Sarebbe stata, però, proprio la difficoltà a prendere le distanze dai
programmi tradizionali e a dotarsi dei nuovi strumenti necessari per partecipare alla vita
politica nel contesto repubblicano, a determinare una crisi manifestatasi già nel 1949 al
terzo congresso della Federazione anarchica italiana, la prima organizzazione postbellica
del movimento.
Nei venti anni successivi, la progressiva perdita di centralità della Fai sarebbe stata
accompagnata dal formarsi di un arcipelago di sigle spesso animate da forti polemiche
reciproche. Quella che emerge come una delle caratteristiche principali del mondo anarchico
negli anni ’50 e ’60, infatti, è la sua frammentazione, rappresentata da un quadro
estremamente variegato. Del resto, la consapevolezza della complessità del movimento
anarchico in età repubblicana porta lo stesso a. a precisare che l’obiettivo del libro non è
«tracciare la “storia” degli anarchici, bensì “una” delle possibili storie» (p. 13).
Accanto alle fratture determinate da visioni contrapposte sulla questione dell’organizzazione
o sulla partecipazione attiva all’attività sindacale, si consumò anche uno
scontro di carattere generazionale tra vecchi e nuovi militanti, questi ultimi approdati a
forme di militanza alternative o resisi autonomi attraverso l’istituzione di organizzazioni
giovanili fin dai primi anni ’60. Fu soprattutto grazie a queste strutture che, nel clima
della stagione dei movimenti collettivi alla fine del decennio, l’universo anarchico visse
un momento di rilancio, acquisendo una nuova visibilità, ben presto segnata dalle vicende
riconducibili alla «strategia della tensione».
Nel complesso, il volume ha senza dubbio il merito di colmare una lacuna in ambito
storiografico. La ricostruzione e le tesi interpretative proposte, però, sia pure restituendo
la varietà e l’articolazione del mondo anarchico, mancano di un’approfondita indagine
sulle fonti primarie, in particolare per quanto riguarda la documentazione di archivio.

 Valentina Casini