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Gli irregolari. Amori comunisti al tempo della Guerra fredda

Anna Tonelli
Roma-Bari, Laterza, 175 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2014

L’a. ha da tempo privilegiato il tema dei rapporti tra politica e sentimenti, centrando particolarmente l’attenzione sui comunisti italiani.
In questo agile, ma documentato volume si occupa delle vicende sentimentali e matrimoniali di alcuni comunisti che, obbligati a osservare regole rigidissime anche nel loro privato durante gli anni della clandestinità, dopo la Liberazione si sentirono improvvisamente autorizzati a comportamenti personali più autonomi, fino al punto di rompere vincoli familiari ormai logorati. Fu un processo difficile perché, dentro un contesto legislativo che non prevedeva il divorzio e in un quadro politico rapidamente radicalizzatosi, nel partito «nuovo», insieme alle tracce residue dell’educazione cattolica, permanevano forti, prescrittivi e obbliganti i principi della «morale proletaria».
Scegliendo questo angolo visuale, l’analisi si sviluppa su più piani. Da una parte si guarda verso l’interno del partito. Le fonti soprattutto archivistiche, in parte inedite, riflettono la cultura politica e il costume dei comunisti di allora e consentono al contempo di meglio comprendere il funzionamento degli organi del partito, come la potente e temuta Commissione centrale di controllo, preposta non solo a vigilare sull’ortodossia politica e ideologica e a comminare sanzioni, ma incaricata anche di intervenire nella vita dei singoli con provvedimenti adeguati, dalla rieducazione alla espulsione, a fronte di devianze rispetto al paradigma del militante «esemplare». Dall’altra parte si considerano i comunisti «irregolari» anche dal punto di vista esterno, attraverso le narrazioni e le rappresentazioni della stampa «borghese», alcune sottili e intelligenti, altre diffamanti o dissacranti, tra gossip e satira.
Al contempo l’a. adotta opportunamente una prospettiva di genere, che le consente di proporre la chiave interpretativa più originale, in un panorama storiografico già piuttosto delineato in argomento: «In un PCI dai marcati caratteri gerarchici e maschilisti […] è significativo che le voci dissonanti arrivino dalle mogli “ripudiate”, senza che ciò intacchi l’impostazione generale o preluda a una sorta di rivendicazionismo ante litteram» (p. XIII). Tale fu il caso, già noto ma ora definito nei particolari, di Teresa Noce, che trovò sciolto «a sua insaputa» il matrimonio con Longo, grazie a una sentenza della «sacra rota comunista» di San Marino (illuminanti i documenti processuali) e fu determinata nel difendere innanzi tutto la sua dignità di militante e il suo ruolo di dirigente.
Esaminando anche altre vicende, ovviamente di Togliatti/Montagnana, ma anche di D’Onofrio, Grieco, Terracini e di altri militanti di varia grandezza, l’a. conclude che la regola della disciplina e l’obbligo di non dare scandalo trovò un’applicazione asimmetrica in termini di severità e coerenza, non soltanto a seconda del grado gerarchico occupato nel partito, ma anche nel caso interessasse uomini oppure donne .

Marina Tesoro