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Guerra e disabilità. Mutilati e invalidi italiani e primo conflitto mondiale

Nicola Labanca (a cura di)
Milano, Unicopli, 2016, 275 pp., € 30,00

Anno di pubblicazione: 2016

Gli otto saggi contenuti nel volume sono il frutto di un convegno organizzato dall’Associazione nazionale fra i mutilati e invalidi di guerra (Anmig) e dal Centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari, che si è tenuto a Firenze nel 2015. L’obiettivo è quello di analizzare le forme di assistenza, l’organizzazione e le rappresentazioni di mutilati e invalidi per colmare un vuoto di ricerche che, per il caso italiano, appare rilevante. Con questa osservazione si apre l’Introduzione di Nicola Labanca il quale suggerisce un’analisi seriale delle fonti prodotte dalle amministrazioni sanitarie, previdenziali e pensionistiche, quantitativamente rilevanti ma poco utilizzate, e di integrare tra loro gli approcci della storia militare, sanitaria, sociale, culturale e politica. Materiali e metodi diversi con i quali rileggere e comparare il fenomeno, con i suoi 120 mila invalidi e mutilati e 650 mila pensionati, e formalizzare nuove ipotesi di ricerca (p. 33).
Il volume mette al centro vari temi. Il corpo mutilato dei soldati e le loro emozioni, il complesso inserimento nella vita civile, l’internamento e gli atteggiamenti della società verso la disabilità sono analizzati nei saggi di Vanda Wilcox, Martina Salvante e Andrea Scartabellati, che intrecciano dimensione locale e nazionale. Alle organizzazioni nate in difesa e per conto dei mutilati, al ruolo degli iscritti e al loro attivismo guarda Ugo Pavan Dalla Torre. Questi ultimi fatti totalmente nuovi aprirono la strada a una nuova idea di cittadinanza che, come emerge dal saggio di Pierluigi Pironti, vedeva uno Stato impegnato a rilasciare pensioni di guerra per garantire un minimo di benessere ai suoi cittadini immolati per la patria. Sui risultati ottenuti dai medici, al di là dell’autorappresentazione tutta positiva che fornirono del loro operato, getta luce Paolo Francesco Peloso il quale analizza il ruolo e gli sviluppi della psichiatria di fronte a soggetti profondamente traumatizzati. Ripartiti in dieci grandi categorie, gli uomini storpi, ciechi e deturpati furono anche al centro degli interessi delle industrie produttrici di protesi che Fabio Montella segue, parimenti al caotico e tardivo sviluppo dei provvedimenti statali in loro favore.
Il quadro che emerge dai saggi evidenzia non solo il ventaglio di esperienze di soldati irrimediabilmente segnati dal conflitto, ma anche l’azione per ridefinire i termini di invalido e mutilato scaturita da culture e percezioni differenti. Il focus è sullo scontro del 1915-1918, ma in alcuni contributi si fissano punti di contatto e di differenza tra le due guerre mondiali, come nel caso delle pensioni di guerra viste da Filippo Masina. Inevitabile, infine, la sottolineatura del divario tra lo spirito fascista, basato sui principi di potenza e di missione, e l’idea di solidarietà e pace tra i popoli di cui si è fatta interprete l’Anmig nell’Italia democratica.

Stefania Bartoloni