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Guido Melis (a cura di) – Etica pubblica e amministrazione. Per una storia della corruzione nell’Italia contemporanea – 1999

Guido Melis (a cura di)
CUEN, Napoli

Anno di pubblicazione: 1999

Non è facile fare la storia della corruzione. Si tratta infatti di un fenomeno difficilmente rilevabile e dipendente da molte variabili. Ma non per ogni epoca è possibile conoscere quando le norme venivano trasgredite: spesso gli organi a difesa delle norme non erano in grado di colpire la corruzione e agli storici oggi mancano gli elementi documentari per dimostrarne il grado. Anche la percezione del fenomeno da parte della collettività rappresenta un fattore difficile da valutare. Impresa allora ardua e “impegnativa” è stata quella di riunire un gruppo di studiosi per iniziare a costruire una storia della corruzione nell’Italia contemporanea. La scelta del tema sicuramente è stata condizionata dalle vicende registratesi nel paese a partire dalle inchieste promosse dalle Procure nel corso del 1992. Intanto prima causa, secondo M. Carabba, di una erosione della pubblica amministrazione sempre più minata dalle “tangenti”, sembra essere la distorta realizzazione delle partecipazioni statali. Negli ultimi venti anni, secondo De Lucia, la politica delle grandi opere, l’urbanistica contrattata, l’abusivismo e il condono hanno favorito le “occasioni della corruzione”. Sul piano istituzionale, l’introduzione delle Regioni è stato poi uno straordinario volano di moltiplicazione di queste occasioni. In particolare, l’assenza di un organico modello di rapporti tra Regione e enti locali, l’interferenza degli apparati centrali, l’assenza di un’autonomia finanziaria e la fragilità e precarietà dei profili burocratici adottati, secondo P. Craveri, avrebbero rappresentato i fattori principali di questa moltiplicazione. Una comparazione con altri momenti della storia italiana è tentata soprattutto da alcuni saggi più specifici di ricerca: da quello sull’inchiesta del 1908 sulla pubblica istruzione di G. Tosatti, a quello sulla commissione parlamentare d’inchiesta per le spese di guerra (1920-1923) di C. Crocella e F. Mazzonis, da quello sul servizio ispettivo del Ministero dell’Interno fra età liberale e fascismo di M. Giannetto, a quello su Gabriello Carnazza in periodo fascista di M. Canali. Nonostante le diversità di approccio e di interessi dei singoli contributi, il curatore ritiene possibile delineare una prima storia della corruzione. Egli intravede una “maggiore tenuta dei codici etici” nella burocrazia dell’Ottocento, che viveva un diffuso “senso di responsabilità verso il Paese”. Nel corso del primo quindicennio del Novecento, insieme allo sviluppo economico, le dimensioni del fenomeno corruttivo sarebbero divenute quantitativamente più cospicue. Con la prima guerra mondiale si accelerarono ulteriormente le dinamiche della corruzione. Il fascismo aggiunse al quadro un elemento nuovo: il partito organizzato e la presenza di una “seconda burocrazia” allargarono enormemente le risorse economiche coinvolte. “L’avvento della Repubblica coincise con due ulteriori stadi del problema. Il primo è l’intreccio tra istituzioni e partiti; il secondo è il progressivo allargarsi del potere locale”.

Luigi Musella