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Gustavo Corni – Hitler – 2007

Gustavo Corni
Bologna, il Mulino, 221 pp., Euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2007

L’agile volume che Gustavo Corni ha dedicato ad uno schizzo del problema storiografico costituito dal tiranno tedesco è una lettura di sicuro interesse. La definizione data non è casuale: non si tratta infatti di una breve biografia in senso classico, né, evidentemente, di una concisa storia del nazismo. Corni è uno studioso che ha una padronanza rimarchevole della storia della Germania fra le due guerre e che ha una conoscenza vasta e approfondita dei dibattiti storiografici che questa vicenda ha sollevato. Per questo è stato in grado di offrire, come egli stesso scrive nell’Introduzione, un lavoro che si muove su più piani, perché «Hitler costituisce [?] un problema storiografico di grande rilievo, banco di prova di metodologie che tentino di coniugare aspetti individuali ed elementi strutturali» (p. 13).Scritto in maniera accattivante, in una chiave che sarebbe riduttivo definire divulgativa (infatti c’è sempre un costante riferimento agli sviluppi della ricerca storiografica, con rinvii ad opere anche molto sofisticate e di nicchia), il volume ripercorre cronologicamente le varie fasi della vita di Hitler, sempre attento a mettere in luce gli aspetti contraddittori di un personaggio e di una fase storica che non si lasciano inquadrare davvero in nessuna delle varie definizioni tentate.Non c’è ovviamente nessun tentativo giustificazionista, perché le questioni poste non riguardano il tema, per dirla con brutalità, se Hitler fosse buono o cattivo (un problema, ovviamente inesistente), bensì le contraddizioni interpretative aperte: per esempio se Hitler fosse il lucido realizzatore di un programma che aveva già in testa quando scrisse il Mein Kampf, o se fosse un opportunista, privo di ideali e di scrupoli, che giocava una partita d’azzardo secondo l’ispirazione del momento. O ancora, se fosse un uomo che aveva realmente messo in piedi un sistema di dominio assoluto, o, come scrisse a suo tempo Hans Mommsen, un «dittatore debole» circondato da una corte di «diadochi» con cui doveva comunque fare i conti (la cosiddetta «feudalizzazione» del regime nazista).Corni è sempre scrupolosamente attento a mostrare come questi dilemmi non siano frutto di ideologie preconcette, ma nascano dalla difficoltà di interpretare una mole cospicua di documenti contraddittori che si prestano, diversamente combinati, o a volte semplicemente letti da angolature differenti, ad interpretazioni divergenti.Giustamente l’a. è cauto ad aprire a temi psicologici o psicanalitici, sebbene molti materiali a disposizione spingano quasi naturalmente a porsi il problema della salute mentale di Hitler: basterebbe il suo vaneggiante testamento politico, o la stessa gestione dell’ultima fase della guerra, raccontata in maniera vivida nelle pagine conclusive, a porre domande in questa direzione. Tuttavia Corni ha ragione: questi sono alla fine terreni scivolosi su cui lo storico è bene non si avventuri.

Paolo Pombeni