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I bambini di Moshe: gli orfani della Shoah e la nascita di Israele

Sergio Luzzatto
Torino, Einaudi, 324 pp., € 32,00

Anno di pubblicazione: 2018

È a partire da una vicenda sconosciuta ai più – la creazione nel 1945 a Selvino, nella provincia bergamasca, di un orfanotrofio per orfani della Shoah destinati ad emigrare verso la Palestina – che Sergio Luzzatto indaga eventi fondamentali della storia ebraica contemporanea, dai primi del ’900 fino a spartiacque quali la Shoah da una parte e la nascita dello Stato d’Israele dall’altra. Al centro della narrazione – così è opportuno dire, considerato lo stile a tratti romanzesco de I bambini di Moshe, basato su un insieme ete- rogeneo di fonti che includono materiali d’archivio, diari, interviste, fotografie tratte da album famigliari e citazioni letterarie di autori quali Isaak Babel, Shay Agnon e Yehudah Amichai – vi è Moshe Zeiri: nato Moshe Kleiner nel 1914 in Galizia, affiliato al movi- mento sionista Gordonia, kibbutznik, soldato nella British Army prima in Libia e poi in Italia, fondatore della colonia giovanile ebraica di Sciesopoli a Selvino.
I bambini di Moshe restituisce uno spaccato di vita ebraica in decenni di grandi sconvolgimenti: dai pogrom d’inizio secolo, all’irrompere della guerra e della Shoah – con la scomparsa del mondo, fatto di shtetl e grandi città quali Varsavia e Odessa, dove erano nati i bambini di Sciesopoli. Dietro a questo, si staglia l’avventura biografica di Zeiri, i suoi viaggi, l’impegno sionista, le lettere alla moglie Yehudit, rimasta ad aspettarlo in Pale- stina e che poi lo raggiungerà a Selvino con la figlia. A Selvino, e attraverso l’incontro con l’ebraismo italiano e l’Italia dell’immediato dopoguerra, inizia il «ritorno alla vita» degli orfani. Da ultimo, l’Italia lascia il posto a Israele e alle vicende degli ormai ragazzi di Mo- she subito prima e dopo il 1948, mostrando come – non senza incomprensioni verso il kibbutz e le asprezze di un nuovo paese nel quale alcuni stentano a riconoscersi – anch’essi parteciparono alla nascita del nuovo Stato, seguendo il motto sionista che invitava ogni nuovo immigrato a «costruire ed essere ricostruito» da quella Terra d’Israele che già Zeiri aveva fatto loro sognare. La Shoah si intreccia così alle vicende della Palestina e al conflit- to israelo-palestinese, mostrando – come sostenuto anche da storici israeliani, tra cui di recente Amos Goldberg e Omer Bartov – la necessità di giungere a una narrazione globale e interconnessa di tali eventi.
I bambini di Moshe è a tutti gli effetti un libro di «Storia», ma è prima di tutto una «storia». È evidente che l’intento di Luzzatto fosse scrivere un libro destinato a un pub- blico ampio di lettori – così si spiega, per esempio, l’assenza di note a piè di pagina e la presenza di un’Appendice di riferimenti bibliografici. Il preambolo, nel quale l’a. scrive come la ricerca ha avuto inizio, aggiunge una venatura autobiografica, sottolineando la componente emotiva che la storia di Sciesopoli porta con sé e che non poteva essere ignorata. Quello di Luzzatto, diviene così un racconto appassionato e rigoroso, sospeso tra i drammi e le grandi ideologie del ’900 e le storie, talora eccezionali, di Moshe Zeiri e dei suoi bambini.

Dario Miccoli