Cerca

I bambini di Salò. Il ministro Biggini e la scuola elementare nella RSI (1943- 1945)

Daria Gabusi
Brescia, Morcelliana, 620 pp., € 37,00

Anno di pubblicazione: 2018

«Su scuola, educazione, formazione dell’infanzia e della gioventù durante il fascismo la bibliografia è oggi ben nutrita» avverte giustamente l’a. (p. 13). Piuttosto lacunoso è invece il panorama storiografico sulla scuola nella Rsi. Il volume, che giunge a colmare questa lacuna, spazia dai vertici apicali del settore scolastico (governo e Ministero) al personale direttivo periferico e al corpo insegnante, fino ai fruitori ultimi, gli scolari e le scolare colti nella vita quotidiana della scuola elementare. La trattazione soffre peraltro di una certa ipertrofia della prospettiva che per comodità chiamiamo dall’alto. Un intero capitolo di circa 150 pagine è dedicato al profilo di Carlo Alberto Biggini, ministro dell’Educazione nazionale. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i suoi atteggiamenti prudenti assecondano un bisogno di decongestionamento della scuola dagli effetti della mobilitazione permanente teorizzata durante il ventennio e in particolare da Bottai.
Molto ampia è anche la parte dedicata agli insegnanti, grazie all’uso intensivo dei giornali scolastici, quella sorta di diari didattici che maestri e maestre erano tenuti a com- pilare, i quali rivelano difficoltà e spaesamenti, ingenuità e dedizione nel tentativo disperato di mantenere un’impossibile normalità proteggendo la scuola dal disfacimento della vita civile. Piuttosto raro è viceversa il riferimento a quelle fonti speciali, ambigue ma piene di suggestioni, che sono le scritture infantili, a cominciare da quelle scolastiche, sulle quali esiste ormai una vasta iniziativa di raccolta e di studio. Lo stesso vale per la memorialistica di adulti sul proprio passato infantile, di cui esistono tracce significative nell’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano. La soggettività dei bambini e delle bambine non arriva dunque a occupare sulla scena del libro il posto che merita.
Un esame così ampio e accurato della politica e della vita scolastica integra molto efficacemente le nostre conoscenze sulla Rsi. In sintesi mentre il programma affidato a Graziani, concernente la ricostituzione ex novo di un esercito dissolto, fallì perché incontrò la refrattarietà e la renitenza di una quota consistente di giovani ormai convinti che la guerra fosse un disastro, quello di Biggini bene o male fece il suo corso. Forte della sua funzione sociale non intaccata, anzi esaltata dalle circostanze eccezionali, la scuola sopravvisse nella temperie drammatica della guerra e della guerra civile. Maestri e maestre erano gli stessi che avevano vissuto e assorbito l’esperienza del regime: a parte quelli animati da sentimenti antifascisti che rimanevano nell’ombra e un piccolo gruppo di fanatici dell’avventura repubblicana, per il resto si trattava di docenti fedeli soprattutto alla loro «missione» educativa, moderati nei sentimenti patriottici, spesso ancorati ai valori e ai principi pedagogici di stampo cattolico-conservatore ben sintetizzati nella formula «Dio Patria Famiglia», capaci di superare senza traumi il passaggio dall’Italia fascista a quella democratica prima che i germi del nuovo corso facessero maturare una nuova generazione.

Antonio Gibelli