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I carnefici italiani. Scene dal genocidio degli ebrei, 1943-1945

Simon Levis Sullam
Mila- no, Feltrinelli, 160 pp., € 15,00

Anno di pubblicazione: 2015

L’a. ha scritto un ottimo libro che vale la pena di leggere per molti motivi. Primo: è scritto molto bene. Certo, da uno storico cha ha frequentato il maestro Saul Friedländer non c’è da stupirsi. L’a. è chiaro in ogni pagina e, come un ottimo regista di cinema, con sapienza, dosa close-up e panoramiche, casi individuali e più ampi contesti. Non mi sembra un caso che il titolo si riferisca alle «scene» del genocidio. La bravura dello storico sta nel sapere selezionare i casi da esplorare, raccontare e analizzare perché cosciente di non poter ricostruire il passato nella sua interezza. Le scene del genocidio accuratamente scelte da Levis Sullam permettono al lettore di seguire le traiettorie individuali, politiche, morali, gli accomodamenti, le strategie dei carnefici e delle loro vittime, incluso il caso di Brescia (una città senza ebrei). L’a. racconta la storia dei carnefici italiani con uno stile sobrio, misurato, senza aggettivi inutili; egli sollecita empatia, ma lascia libero corso al manifestarsi di essa in ogni singolo lettore. In altri termini, questo storico non ha mire o velleità morali o moralistiche e, saggiamente, preferisce concentrare i suoi sforzi sulla qualità dell’analisi storica. Non credo sia casuale la scelta di Karl Jaspers: «Ciascuno di noi è nello stesso tempo accusato e giudice» (La questione della colpa. Sulla responsabilità politica della Germania, 1946) come epigrafe del volume.
Secondo: il volume è assolutamente aggiornato da un punto di vista storiografico. È un libro nuovo che attinge a vicende note, ma le organizza in modo originale ed effi- cace.
Terzo motivo: la metodologia del libro è impeccabile. Come ci ricorda l’a.: «Le fina- lità dello storico non sono quelle del giudice: con la categoria di genocidio e con l’enfatiz- zazione delle responsabilità italiane vogliamo richiamare l’attenzione su un progetto, su un insieme di azioni, sulle forme di partecipazione che riconosciamo vadano di volta in volta precisate, ma anche sulla gravità di atti che, solitamente isolati e considerati in sé pur essendo stati parte della catena dello sterminio, sono stati a lungo sottovalutati» (p. 13).
Quarto motivo: l’impianto narrativo di Levis Sullam intreccia la storia dei carnefici con quella delle loro vittime dando profondità all’analisi. È un approccio convincente e molto efficace.
Ultimo ma non meno valido motivo per leggere questo libro: gli atti sottovalutati dei carnefici italiani che contribuirono al genocidio degli ebrei europei dovrebbero servire a farci riflettere sulle ragioni e le conseguenze di un oblio. Gli insegnanti potranno certa- mente incoraggiare gli studenti a leggere e a discutere il libro. Il lettore che s’interessa alla storia dei genocidi, alla storia della memoria, alla normatività degli oblii, trarrà insegna- menti importanti dalla lettura di questo breve ma significativo volume. Le ultime pagine del libro sono molto istruttive. Mi auguro vivamente che un pubblico ben più vasto dei soli addetti ai lavori abbia la possibilità di leggerlo. Sarebbe auspicabile una traduzione del volume in inglese.
Davide Rodogno

Davide Rodogno