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I discendenti dei fenici. Il piccolo Risorgimento di Malta (1814-1880)

Giulio Ferlazzo Ciano
Pisa, Pacini, 316 pp., € 21,00

Anno di pubblicazione: 2018

I motivi di interesse per studiare la storia di Malta sono molteplici, anzitutto il fatto che l’arcipelago maltese rappresenti un caso di Nation building del tutto particolare, nell’alveo dell’Impero britannico. Nell’Introduzione l’a. pone alcuni interrogativi sul concetto di nazione e sulla definizione stessa di «piccolo Risorgimento» che, per sua stessa ammissione, faticano a trovare risposta; di conseguenza opta per una ricostruzione storica che tragga forza dall’interpretazione fornita dagli stessi protagonisti (p. 17).
L’a. parte dunque da questi presupporti per proporre una serie di riflessioni sull’identità maltese, vexata questio che si dipana fra appartenenze linguistiche e culturali della popolazione isolana. L’a. si sofferma poi sull’amministrazione britannica, durante la quale si produsse quel sodalizio fra gli esuli italiani e i maltesi che avrebbe prodotto alcuni effetti sostanziali: «il dibattito ideologico […] fra i sostenitori dei patrioti italiani e i loro critici detrattori» e l’influenza che il pensiero mazziniano, di cui era portatrice la maggioranza degli esuli, ebbe sulla «generazione di giovani istruiti nati e cresciuti all’ombra dell’Union Jack» (p. 99). I timori britannici e la volontà di fare di Malta un’«appendice linguistico- culturale britannica nel cuore del Mediterraneo, assicurandola per l’eternità al dominio della Gran Bretagna, a fronte del rischio che questa formidabile postazione andasse prima o poi perduta a vantaggio dell’Italia» (p. 225), produssero un’accelerazione nelle politiche di anglicizzazione che «sarebbe stata pagata a caro prezzo dalla Gran Bretagna»: «l’accelerazione imperiosa di tale processo condizionò a tal punto la politica interna della colonia da veder rinascere una formazione politica erede del pensiero proto nazionalista di Ramiro Barbaro» (p. 226). Un esito che forse si sarebbe potuto evitare se l’anglicizzazione delle isole fosse stata attuata con gradualità, magari nel giro di qualche generazione. Fu, dunque, sulla base di questa forzatura che il Partito nazionalista maltese assunse i suoi connotati filoitaliani; caratteristiche, queste, che mantenne sino alla sua sconfitta, passando poi a una ridefinizione di se stesso e dei suoi riferimenti ideologici dopo gli accadimenti della seconda guerra mondiale e il «tradimento» italiano con il bombardamento dell’arcipelago.
L’a. pone l’accento, inserendosi nel solco della storiografia maltese (dagli studi di Geoffrey Hull a quelli di Henry Frendo), sulla rilevanza del fattore linguistico come elemento identitario utile a inquadrare le origini del nazionalismo maltese. Questa interpretazione, che è pienamente condivisibile, rivela però l’assenza di un elemento altrettanto significativo, quello costituito dal cattolicesimo. Ciò che, infatti, a tratti appare mancare a questa interessante monografia, di cui si può cogliere l’accuratezza di una ricerca condotta con rigore scientifico, è un riferimento più puntuale alla questione religiosa, tutt’altro che residuale nella storia dell’arcipelago, dal momento che la lingua e la religione sono stati i capisaldi su cui si è fondata la «nazionalità» maltese.

Deborah Paci