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I processi per collaborazionismo in Friuli. La Corte d’Assise straordinaria di Udine (1945-1947)

Fabio Verardo
Milano, FrancoAngeli, 278 pp., € 32,00

Anno di pubblicazione: 2018

Negli ultimi anni si è assistito a un rinnovato interesse al tema della giustizia straordinaria
in Italia nel passaggio dal fascismo al dopoguerra. Molte ricerche sono in corso o
sono state già pubblicate avvalendosi anche di un nuovo importante strumento, la banca
dati sulle Corti d’Assise straordinarie (Cas), realizzata per conto dell’Istituto nazionale
Ferruccio Parri e dell’Anpi (www.straginazifasciste.it/cas).
Il volume di Verardo, elaborazione della sua tesi di dottorato, è uno dei primi risultati
promettenti di questa stagione di studi. La ricerca ricostruisce nei primi quattro capitoli
il funzionamento dell’apparato giudiziario, gli obiettivi, le modalità, il contesto sociale e
politico nel quale operarono le Corti udinesi (Tribunale del popolo di Udine, Corte d’assise
straordinaria e Sezione speciale della Corte d’Assise di Udine), riservando un capitolo
finale ad uno sguardo complessivo delle caratteristiche del collaborazionismo in Friuli.
Il Friuli è una realtà interessante per verificare le scelte operate rispetto al collaborazionismo
per le sue caratteristiche. Dal 1943, infatti, era stata zona di occupazione tedesca
(Zona di operazioni del Litorale adriatico) e le truppe alleate e il governo militare alleato
vi rimasero fino al 15 settembre 1947. Nazionalismo e anticomunismo si alimentavano
dalla vicinanza di un nuovo nemico: la Jugoslavia di Tito.
Il volume permette di seguire i vari passaggi nell’amministrazione della giustizia nei
2-3 anni dalla fine della guerra. Dall’1 al 5 maggio 1945 fu attivo il Tribunale del popolo
basandosi su materiali istruttori preparati dalla Commissione giustizia. Fu un esempio
importante e peculiare di giustizia predisposta dal Cln della provincia di Udine, operando
scelte in parte diverse rispetto ai governi del Sud. Il Tribunale del popolo, ad esempio,
basava la propria azione giudiziaria sul Codice di procedura penale del 1913.
Nel 1945, secondo Verardo, la Cas udinese, pur in mancanza di uomini e di mezzi,
operò un serio tentativo di fare giustizia, di dar corso alle indagini e ai processi. Dal rigore
iniziale dei primi mesi, si passò via via a una giustizia più assolutoria, recependo le direttive
di una classe politica la cui parola d’ordine era quella di «pacificazione nazionale». Lo
spartiacque rimase, anche per la Corte udinese, l’amnistia del 22 giugno 1946. Il 1947,
infine, rappresenta l’anno in cui «cala il sipario» sui processi ai collaborazionisti.
Le domande a cui Verardo fornisce una prima, sia pur parziale, risposta vanno al
di là dell’aula dei tribunali: come fu applicata la legislazione speciale; chi furono e quale
ruolo assunsero i magistrati presidenti delle Corti, i pubblici ministeri, gli avvocati, i
componenti laici dei tribunali; chi furono gli imputati rinviati a giudizio, condannati o
assolti; quale fu l’influenza delle decisioni politiche sul corso della giustizia; quale il ruolo
esercitato dall’opinione pubblica, dai giornali, dai partiti, dalle associazioni partigiane,
dalla Chiesa.

Cecilia Nubola