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I sindacati autonomi in Italia 1944-1968. Un dizionario

Myriam Bergamaschi
Pisa, Bfs, 336 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2017

Con questo volume l’a. aggiunge un prezioso tassello al suo lavoro di ricerca, che
prosegue da anni, finalizzato a ricostruire il fitto reticolo di sigle sindacali che si è sviluppato
in Italia nei primi decenni dell’epoca repubblicana. Dopo la pubblicazione di un
primo dizionario sulla Cgil (I sindacati della Cgil 1944-1968, Guerini & Associati, 2007)
e la recente uscita di un secondo dizionario sulla Uil (I sindacati della Uil 1950-1968,
Bibliotheka Edizioni, 2017), è ora la volta del mondo complesso e frammentato del sindacalismo
autonomo, attivo soprattutto dagli anni ’80 ma presente, per quanto in forme
più limitate, sin dal dopoguerra.
Ancora una volta lo strumento utilizzato dall’a. è quello del «dizionario», composto
da ben 167 voci di organizzazioni dei lavoratori, a volte più radicate e durature, in molti
casi meno consistenti. Per ciascuna delle sigle, scovate attraverso un lungo e complicato
lavoro di ricerca condotto per lo più su fonti a stampa e di archivio (documenti, periodici,
statuti, contratti), l’a. redige una scheda dettagliata. Così, è possibile leggere la storia
di tali sindacati, l’evoluzione degli organi dirigenti, gli aspetti salienti delle politiche
rivendicative; fino ad avere, quando possibile, descrizioni accurate sul tipo di struttura,
sui rapporti internazionali, sulla stampa prodotta. Il volume è completato da un ricco
apparato di indici, utile non solo per muoversi nell’intricato groviglio di sigle, ma anche
per avere un’idea più precisa dell’andamento cronologico e dell’articolazione settoriale del
fenomeno.
Nel saggio introduttivo l’a. evidenzia la diffusione dei sindacati autonomi quasi
esclusivamente nel settore dei servizi (con rare eccezioni in campo agricolo e in quello
industriale, dove occorre citare almeno i casi di Autonomia aziendale alla Olivetti e del
Sindacato italiano dell’automobile alla Fiat). Nel campo variegato del terziario, accanto a
gruppi «minori» (come musicisti, giornalai, domestici e persino amanuensi), occupano la
scena soprattutto le categorie del pubblico impiego (di ministeri, parastato, enti locali e
sanità), della scuola (di ogni ordine e grado), del trasporto (in particolare aereo e ferroviario)
e del credito. Sindacati come l’Anpac, la Fisafs, la Fabi e la Falcri, insieme a centrali
confederali come la Cisal, hanno conosciuto nel loro ambito anche momenti di forza,
riuscendo in alcuni frangenti a competere con il più solido mondo confederale. Tuttavia,
più che sul piano strettamente sindacale, il sindacalismo autonomo ha rappresentato un
importante fenomeno «politico», le cui vicende, se opportunamente approfondite, saranno
in grado – come suggerisce l’a. – di gettare nuova luce su questioni rilevanti della storia
nazionale: dal problema della continuità «corporativa» tra Italia fascista e repubblicana al
rapporto tra politica e burocrazia, dalla questione del consenso dei ceti medi alla diffusione
di pratiche clientelari. Si tratta, dunque, di un tema solo apparentemente secondario,
la cui rilevanza travalica i confini della storia sindacale.

Fabrizio Loreto