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Il femminismo contemporaneo: genere e differenza sessuale

Giuliana Mancino
Roma, Aracne, 312 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione:

Il volume di Giuliana Mancino – laureata a Siviglia con studi sul domenicano tomista
de Vitoria, e addottoratasi a Roma nel 2010 in Scienze politiche – si aggiunge a
un buon numero di libri sul femminismo contemporaneo scritti da giovani studiose,
a testimonianza di un interesse diffuso per l’argomento presso le generazioni di donne
italiane approdate agli studi di genere in tempi recenti. Frutto di uno studio per la tesi, il
lavoro dell’a. cerca di soddisfare l’estremo bisogno di testi di orientamento aggiornati su
temi di pressante attualità, e di rispondere alle grandi domande: come definire genere e
differenza sessuale? Quali le principali tendenze emerse in quasi 50 anni di dibattiti nelle
due sponde dell’Atlantico?
All’incirca cinque decenni ci separano ormai da La mistica della femminilità di Betty
Friedan (1963) e dal documento di fondazione del gruppo milanese Demau (Demistificazione
Autoritarismo Patriarcale, 1966), e il compito di informare riguardo alla molteplicità
di indirizzi teorici e posizioni politiche sul femminismo succedutesi in questo lasso di
tempo è certamente assai difficile da soddisfare. Per non parlare di quanto sia complicato
riuscire a districarsi tra la miriade di problematiche specifiche di ciascun contesto nazionale,
data la diversità di regimi giuridici, tradizioni linguistiche e socio-culturali esistenti
negli Stati Uniti e in Europa, per rimanere ai due ambiti principali che interessano l’a.
Così facendo, si dà per scontato il fatto che su temi come quelli affrontati dai movimenti
delle donne nella loro lunga storia convenga continuare a privilegiare antiche egemonie
provenienti dai luoghi dove il femminismo si è affermato per primo. Questo, mi sento
di suggerire, non è più il caso. Sia dal punto di vista politico che culturale da tempo
milioni di donne non bianche e non occidentali – femministe o no, emigranti o native,
appartenenti alle élite o alle frange marginali, di fedi diverse – stanno erodendo le vecchie
impalcature su cui poggiavano le acquisizioni dei movimenti delle donne sviluppatisi in
Occidente. Forse è venuto il momento, quando si parla di femminismo in generale, di
tenerne conto.
La necessità di offrire dei punti fermi su quali siano stati (e siano ancora) gli obiettivi
prevalenti nel dibattito teorico angloeuropeo, ha spinto Mancino a considerare il binomio
presente nel titolo del libro come chiave di volta interpretativa generale. Ma è proprio
sicura che la contrapposizione tra «genere» e «differenza sessuale» sia poi così netta? Che le
teorie di Carol Gilligan e di Luce Irigaray siano le più indicate – nell’attualità – a illustrare
il contesto anglofono e quello francese, rispettivamente?
Anche se condivido le esigenze dell’a. di fare ordine nella grande confusione regnante,
ancora poco note sono la ricchezza e la molteplicità che lì si annidano. Le questioni
principali intorno a «genere» e «gender» sono attraversate da ambiguità e controversie che
conviene esaltare anziché appiattire, essendo l’incertezza problematica una loro essenziale
componente identitaria.

 Paola Di Cori