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Il merito della povertà. La Congrega della Carità apostolica in età contemporanea tra spazi sussidiari, nuove marginalità e culture sociali

Giovanni Gregorini
Bologna, il Mulino, 368 pp., € 30,00

Anno di pubblicazione: 2016

Questo secondo volume dedicato alla storia della Congrega della Carità Apostolica di Brescia si occupa dell’età contemporanea, prendendo in considerazione unlungo arco temporale scandito in quattro momenti: la «carità personale» (1804-1860), la «carità sociale» (1861-1903), la «carità politica» (1904-1945), la «carità globale» (1946-1977). Sulla base di una vasta ricerca archivistica si delinea qui una periodizzazione capace di seguire sia l’evoluzione dell’assistenza pubblica dalla Lombardia preunitaria allo Stato nazionale sia le peculiari caratteristiche dell’istituzione. La Congrega infatti si configura – fin dalle sue origini cinquecentesche legate al soccorso della povertà, soprattutto «vergognosa», delle parrocchie urbane e a finalizzate attività di prestito – come un sodalizio di natura confraternale, animato da un forte spirito di devozione religiosa, intorno al quale si sviluppa un’attività caritativa di ampie proporzioni e inserita nel sistema assistenziale bresciano, caso esemplare di welfare civico.
Gregorini, da storico dell’economia e della società, ne ricostruisce, al di là del mito elaborato dalla tradizione municipale, i passaggi istituzionali, dall’azione volta a salvaguardare l’autonomia dell’istituto nel primo ’800 alla costituzione in ente pubblico nel 1897 fino alla vigilia della «depubblicizzazione» avvenuta nel 1991. Attraverso il ricorso alla documentazione istituzionale e l’esame dei bilanci, il lavoro presenta un attento quadro prosopografico dei sessantadue «confratelli» scelti per cooptazione tra «alcuni componenti dell’aristocrazia cittadina d’impronta cattolica e altri soggetti coerenti nell’orientamento religioso come pure socialmente emergenti in virtù di capacità professionali e imprenditoriali riconosciute negli ambiti allora possibili di affermazione economica» (p. 35). Il punto di vista è al tempo stesso quello della proiezione esterna, che alla centralità dell’aiuto ai «poveri vergognosi» si apre ai molteplici bisogni di una società in trasformazione, in uno stretto legame con le dinamiche politico-amministrative locali.
Le vicende successive si collocano sotto il segno di un ulteriore cambiamento, con la creazione di una serie di istituzioni amministrate o partecipate dalla Congrega, oggi giunte al numero di otto e aperte alle più diverse frontiere dell’emarginazione e delle fragilità. Riprendendo un’affermazione ottocentesca della Presidenza della Congrega, l’a. sottolinea che se il «merito della povertà e quello di chiedere», lo è appunto perché «genera mediazioni, costringe all’incontro, costruisce la società» (p. 17), andando oltre una pur ineliminabile logica di controllo o, all’opposto, di una filantropia sempre e comunque disinteressata. La continuità dell’azione volontaria e benefica, innegabile nei suoi esiti, e della stessa ispirazione religiosa s’inserisce in una rete di relazioni capaci di sostenere la crescita economica e gli equilibri sociali della città.

Edoardo Bressan