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James Sheehan – L’età post-eroica. Guerra e pace nell’Europa contemporanea – 2009

James Sheehan
Roma-Bari, Laterza, XVIII-330 pp., Euro 20,00 (ed. or. Boston, 2008)

Anno di pubblicazione: 2009

Ha fatto bene la casa editrice Laterza a tradurre questo volume di Sheehan, esperto di storia tedesca e qui a. di un volume di intervento e di sintesi sui temi della storia militare europea novecentesca. Il dibattito internazionale sui problemi della pace e della guerra è molto ampio e al lettore (per non dire al decision-maker) italiano mancano spesso riferimenti. Il volume del settantaduenne Sheehan, a Stanford successore di G.A. Craig, è una buona sintesi di come l’Europa si sia dotata nel corso di due secoli di forze armate basate sulla coscrizione obbligatoria, e di come e perché le siano bastati i due decenni postbipolari per disfarsene. Viene così ripercorsa, nelle tre parti del volume, la storia dell’Europa che si avvia verso la prima guerra mondiale; la storia di quella che Hobsbawm avrebbe chiamata «l’età della frana» del trentennio comprendente le due guerre mondiali e il periodo intercorrente fra le due, ed infine la «storia di successo» dell’Europa nella guerra fredda, soprattutto nei suoi primi «trent’anni gloriosi». Non ci sono in queste pagine tecnicismi, numeri, dati sugli armamenti (anche se non sarebbero stati superflui, visto il tema). C’è invece un discorso alto e impegnato su come gli europei hanno accresciuto il loro potere militare nel corso di un secolo, su come lo hanno usato, e su quali conseguenze ciò ha provocato a livello di cultura politica, di atmosfera culturale, di diritti di cittadinanza. Non storia militare, insomma, se questo tranquillizza qualche lettore, ma diremmo storia politica del rapporto tra una società, o un continente, e la guerra.L’impostazione liberal dell’a. è simpatetica con gli europei e il volume è lontano dalle polemiche più retrive dei più chiusi commentatori neo-con americani che accusano l’Europa di disimpegno militare e politico dalla lotta al terrorismo (soprattutto dall’intervento in Iraq nel 2003 e da una piena corresponsabilizzazione, senza caveat, in Afghanistan). Di fronte ai neo-con che, fieri di essere americani provenienti from Mars, accusavano gli europei di essere imbelli discendenti from Venus, Sheehan spiega che il capitalismo corporato europeo (non solo tedesco) ha non pochi vantaggi rispetto al capitalismo liberale ma anche militare degli Usa e ha dato origine alla speranza europea di dare vita ad un civil power, una potenza civile (e non uno «Stato civile», come qui viene tradotto). Una sola traduzione purtroppo non fa primavera. Al lettore italiano continuano a mancare molti altri importanti interventi sul tema (peraltro Sheehan non è né Michael Howard né John Keegan). Colpisce inoltre che sia stato scelto un titolo che ricorda quello di un noto intervento di Edward Luttwak (Toward post-heroic warfare, 1995) col quale peraltro Sheehan polemizza, e non uno dei due titoli con i quali il volume è stato presentato al lettore statunitense (Where Have All the Soldiers Gone? The Transformation of Modern Europe) e a quello britannico-europeo (lo sferzante The Monopoly of Violence. Why Europeans Hate Going to War): essi evidenziano che comunque la critica statunitense, anche da parte liberal, c’è e lascia l’Europa, o almeno una sua parte, piuttosto sola.

Nicola Labanca