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Jennifer Guglielmo, Salvatore Salerno (a cura di) – Gli italiani sono bianchi? Come l’America ha costruito la razza – 2006

Jennifer Guglielmo, Salvatore Salerno (a cura di)
Prefazione di Gian Antonio Stella, Milano, Il Saggiatore, 384 pp., euro 19,50 (e

Anno di pubblicazione: 2006

Il libro affronta la complessa e contraddittoria esperienza vissuta dagli italiani rispetto alla costruzione della razza negli Stati Uniti analizzando, con strumenti interdisciplinari, come gli immigrati hanno imparato, riprodotto e messo in discussione la supremazia dei bianchi nella società americana. Si tratta di un tema portante della ricerca americana poiché, sin dagli albori della Repubblica, la «razza» ha costituito, assieme al genere e al censo, il canale per l’acquisizione della cittadinanza e la chiave per l’ingresso nel paese. L’importante studio di Mae M. Ngai (2003) affronta proprio la storia della cittadinanza americana leggendola come un’istituzione che produce differenze razziali e mostrando come le leggi sull’immigrazione, utilizzando di volta in volta i diversi concetti di straniero illegale, origini nazionali e ineleggibilità razziale alla cittadinanza, siano state strumento per plasmare la politica razziale in particolare nei confronti di asiatici e messicani. Dalla razzializzazione della legge non furono esclusi gli italiani, basti pensare ai National Quota Acts degli anni ’20, che ne limitarono drasticamente l’ingresso nel paese. L’assunto che il melting pot e l’integrazione siano riusciti per gli euroamericani, i discendenti di quei trenta milioni di immigrati europei della grande immigrazione, ha fatto spesso dimenticare i difficili momenti degli inizi anche se, come ben esposto qui da Thomas Guglielmo, non fu mai sostanzialmente messa in discussione l’appartenenza degli italiani alla razza bianca. Il libro, attraverso contributi interdisciplinari di storici, sociologi, cineasti, musicisti, attivisti, tratta l’argomento da noi poco noto di questa complessa e controversa esperienza vissuta dagli italiani in America. Da un lato, per quasi un secolo vittime di discriminazione, inconsapevoli delle barriere razziali all’arrivo, nel divenire americani o forse per divenire americani, gli immigrati italiani adottarono la stessa visione, costruita sulla linea del colore, della società di insediamento. Non a caso la prima parte è intitolata Imparare la linea del colore negli Stati Uniti (con saggi di L. De Salvo, T. Guglielmo, D. Gabaccia, V. Scarpaci). Dall’altro, come ha dimostrato Vecoli, non presente nella raccolta ma spesso citato, gli italiani hanno avuto una lunga storia di militanza in organizzazioni contro il razzismo che qui viene ripercorsa nella seconda parte Radicalismo e razza (C. Waldron Merithew, M. Miller Topp, S. Salerno, F. Rosemont, Manifest) e nella terza Bianchezza, violenza e crisi urbana (G. Meyer, S. Luconi, J. Sciorra). L’ultima sezione Verso un immaginario nero italiano va oltre la dicotomia razzismo-antirazzismo. K. Ragusa, E. Giunta, J. Gennai, R.M. Painter e R. Capotorto esplorano le vite di confine di discendenti di coppie miste di italoamericani e afroamericani. Rende perplessi la scelta di tradurre «Italian Americans» e «Afro Americans» con «italiani americani » e «africani americani», scelta che, oltre ad appesantire la lettura, risulta errata.

Maddalena Tirabassi