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La dittatura fascista. Consenso e controllo durante il Ventennio

Paul Corner
Roma, Carocci, 2017, 201 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2018

In questo volume Paul Corner raccoglie una serie di saggi sul tema sul quale ha lavorato intensamente negli ultimi anni: la questione del consenso e dunque anche le forme di controllo del dissenso nel fascismo italiano e più in generale in regimi a natura totalitaria. Il libro è il frutto di una lunga riflessione costantemente aggiornata e messa a confronto con una nuova storiografia italiana sul fascismo e con più classiche riflessioni sul nazismo. Molte le suggestioni che emergono e molte le questioni ancora aperte. Nel riprendere i suoi primi studi sul fascismo agrario, egli è particolarmente convincente nel ricercare le cause dell’avvento del fascismo nella media durata, nello scavare nella crisi di fine ’800 e nel fallimento del riformismo liberale e delle sinistre, nella radicalizzazione del conflitto sociale ben prima della Grande guerra: «rimane una grossa questione: avrebbe un riformismo più energico potuto impedire lo sviluppo di una situazione di aperto conflitto sociale?» (p. 55). L’a. dunque individua nella frammentazione sociale e nel rifiuto dello Stato, accompagnati dalla radicalizzazione e dalla violenza politiche e dall’inettitudine del Parlamento, un «effetto valanga» che aprì la strada al fascismo.
I capitoli centrali rispondono invece al titolo del libro e il loro contributo appare estremamente stimolante. Critico nei confronti della reale efficacia del consenso, Corner sottolinea, senza dunque minimizzare l’aspirazione totalitaria del fascismo, l’efficacia della repressione di ogni forma di dissenso. E ribadisce la difficoltà di leggere la quotidianità e di distinguere nettamente sentimenti di ostilità da quelli di passiva accettazione: «l’idea di un consenso popolare basato su di una scelta (va) oltre il legittimo e ignoriamo la natura totalitaria del controllo fascista sulla società» (p. 95). L’approfondimento dell’operato e soprattutto della tenuta del fascismo in provincia, come dell’assistenzialismo pubblico quale veicolo di consenso tra i ceti più poveri della popolazione appaiono essenziali suggerimenti dati dall’a. e dai suoi studi. L’ambiguità e la labilità dei comportamenti nei confronti del fascismo, sempre secondo l’a., caratterizzano quella che è stata considerata la «zona grigia», analizzata nella parte finale. Essa testimonia le contraddizioni delle politiche fasciste, tra obiettivi propagandati ed effettivi risultati, e l’incoerenza del comporta- mento popolare, ancor più evidenti quando il regime entra in crisi nel corso della guerra.
Efficaci le ultime pagine di questo libro, che criticano il perdurare di luoghi comuni e la carenza di un discorso pubblico sul fascismo, e richiamano una specificità italiana, e non solo, erede del fascismo: di «una popolazione anche poco abituata a livello personale a vedere la politica come responsabilità individuale, come necessità di scelta fra alternative, come qualcosa che implicava un vero coinvolgimento personale» (p. 189).

Patrizia Dogliani