Cerca

La Fiamma dimezzata. Almirante e la scissione di Democrazia Nazionale

Giuseppe Parlato
Milano, Luni, 317 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2017

Del neofascismo la storiografia italiana si è prevalentemente occupata, nota Giuseppe Parlato, solo per «gli aspetti legati all’eversione e al terrorismo» (p. 19), presentando il Msi come una forza dalla quasi esclusiva vocazione violenta e golpista. Un errore di prospettiva che prosegue tuttora, benché il mondo missino, dal 1993 in poi, abbia mostrato una notevole capacità evolutiva (o, se si preferisce, trasformista), partecipando al governo per lunghi anni. L’a. ha il merito di opporsi a questo stereotipo, tenendosi però alla larga dai luoghi comuni altrettanto fuorvianti in voga negli ambienti postmissini. Infatti, il suo saggio Fascisti senza Mussolini (il Mulino, 1996) non fu accolto bene a destra, poiché mostrava come la nascita del Msi fosse stata favorita da contatti con diversi settori di potere, compresi i servizi segreti angloamericani.
La Fiamma dimezzata esamina invece una fase decisiva del lungo conflitto interno al Msi tra chi perseguiva l’inserimento nel gioco democratico, per spostarne l’equilibrio a destra, e chi preferiva conservare una posizione nostalgica e formalmente antisistema più consona all’identità del partito. Per 15 anni il segretario missino Arturo Michelini aveva puntato sul primo corno del dilemma, senza cogliere grandi successi, ma mantenendo salda la guida della Fiamma. Alla sua morte i dirigenti a lui vicini accettarono nel 1969 come leader il carismatico Giorgio Almirante, più propenso a coltivare l’anima nostalgica, a patto che proseguisse sulla via dell’apertura tracciata dal suo predecessore, a cui si era lungamente opposto. Non capirono che «il dinamico nuovo segretario avrebbe sfruttato ampiamente il ruolo di leader per modificare l’assetto del partito» (p. 36). Ad esempio Almirante assunse direttamente la «segreteria amministrativa» (p. 110), in modo da gestire in prima persona la delicata questione dei finanziamenti.
L’accordo tenne fino a quando la strategia della destra nazionale, che portò all’assorbimento dei monarchici, fu premiata dagli elettori. Ma dal referendum sul divorzio in poi, anche per via delle stragi nere, i missini si ritrovarono isolati e in affanno. Bisognava scegliere tra una collocazione «aperta verso il centro e chiusa all’estremismo» e la logica del «nessun nemico a destra» (p. 201) privilegiata da Almirante, che aveva sostenuto il rientro nella Fiamma degli oltranzisti di Ordine Nuovo, capeggiati da Pino Rauti. La resa dei conti provocò nel 1976 la scissione dei moderati, la cui creatura Democrazia nazionale ebbe però vita breve e stentata: fu osteggiata dalla base missina (anche se coinvolse la metà dei parlamentari), non trovò agganci all’esterno, non resse il confronto con il fascino di Almirante, autentico «anticipatore del sistema della spettacolarizzazione politica» (p. 295). Un appoggio economico venne però da Silvio Berlusconi, che non a caso molti anni dopo avrebbe promosso lo «sdoganamento» del Msi: tutto sommato, in una fase del tutto diversa, era lo stesso tipo di operazione tentata invano da Democrazia nazionale.

Antonio Carioti