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La grande carestia. La guerra di Stalin all’Ucraina

Anne Applebaum
Milano, Mondadori, 539 pp., € 32,00 (ed. or. London, Penguin Random House, 2017, traduzione di Massimo Parizzi)

Anno di pubblicazione: 2019

Anne Applebaum è una giornalista americana, esperta di questioni esteuropee, che ha seguito fin dalla fine degli anni ’80. Nel 2003 ha pubblicato una celeberrima storia del GULag, che le è valsa il premio Pulitzer e l’ha consacrata come una delle migliori di- vulgatrici di storia sovietica. Qualche anno fa, su espresso invito dell’Harvard Ukrainian Research Institute, ha deciso di scrivere una storia del Holodomor, ovvero la carestia che colpì l’Ucraina nel 1932-1933, oggi mito fondativo dello stato post-sovietico.
Applebaum si è potuta avvalere dell’aiuto di molti esperti di storia sovietica e ucraina, che l’hanno aiutata in loco a mettere assieme una quantità considerevole di documenti e testimonianze. Come l’a. rivendica esplicitamente, ella ha costruito la sua interpreta- zione dei fatti consultandosi con i migliori esperti (Andrea Graziosi, Terry Martin, Serhii Plokhy, Frank Sysyn): anche grazie a questi consigli, Applebaum ha costruito un resoconto della carestia di amplissimo respiro, capace di legare assieme sia un’interpretazione in chiave nazionale di lungo periodo, sia la necessaria contestualizzazione all’interno della vicenda sovietica e dello stalinismo. Il testo è scorrevole e di facile lettura e dimostra una non comune abilità nel trattare anche temi francamente raccapriccianti (come la questione del cannibalismo durante la carestia) per estrarne ulteriore conoscenza sulle dinamiche sociali e politiche di quel contesto. Pur rivolto al grande pubblico, questo libro, grazie all’amplissimo repertorio di fonti e studi analizzato, parla anche allo specialista e costituisce una delle sintesi migliori dei fatti che portarono alla carestia.
Anche a causa del recente conflitto armato fra Russia e Ucraina, al momento della sua uscita il libro è stato al centro di un acceso dibattito pubblico soprattutto per quanto riguarda due punti: l’interpretazione della storia nazionale ucraina e quella delle carestie sovietiche collegate alla collettivizzazione forzata. Sul primo mi pare che si possa concordare con chi sostiene che, seppure Applebaum abbia fatto bene a prendere in considera- zione la storia nazionale ucraina sul lungo periodo, tuttavia assumere in maniera acritica l’esistenza di una nazione ucraina a cui la popolazione sentiva fortemente di appartenere è almeno in parte fuorviante. Le masse contadine dell’Impero zarista esprimevano senti- menti di appartenenza nazionale assai sfumati e non univoci e considerarle aproblematicamente ucraine impedisce di comprendere quanto importante sia stato l’apporto della storia sovietica (magari anche di elementi tragici come il Holodomor) nella costituzione di queste comunità nazionali. Assolutamente da rigettare mi paiono invece le critiche di chi ancora oggi, nonostante l’enorme evidenza documentale, vuole negare la specificità ucraina nelle carestie dei primi anni ’30 (come Sheila Fitzpatrick su «The Guardian»), che rivelano quanto siano ancora diffusi i casi di anche illustri useful idiots nei dibattiti sulla storia sovietica.

Simone Attilio Bellezza