Cerca

La guerra di Mario

Mario Mirri
Roma-Bari, Laterza, 130 pp., € 15,00

Anno di pubblicazione: 2018

In questo libro pubblicato postumo, Mirri (1923-maggio 2018) racconta la propria avventura partigiana e lo fa con l’intento dichiarato di rivolgersi a una generazione molto lontana dalla sua. Nella sua narrazione Mirri offre nozioni e riflessioni sull’incidenza che cambiamenti piccoli e grandi hanno avuto sulla vita della gente comune oltre che della società. Il percorso della memoria è in qualche modo facilitato dal rispecchiamento con la letteratura. All’inizio del libro c’è la scoperta del suo giovane e ignaro interlocutore che l’anziano e distinto signore a cui si rivolge non solo ha avuto una parte nella cospirazione antifascista e nella lotta partigiana, ma ha anche ispirato un personaggio in uno dei più importanti racconti sulla Resistenza, I piccoli maestri di Meneghello.
È nell’ambito della famiglia e della scuola che si manifesta il primo sentimento antifascista di Mario adolescente, con toni quasi sempre attenuati dalle necessarie prudenze nelle relazioni con compagni di scuola e insegnanti. La svolta avviene dopo l’8 settembre. Tutto cambia e il piccolo mondo delle relazioni clandestine per un momento si apre all’osservazione di una società più vasta e complicata. Un corteo di donne vicentine riesce a bloccare un convoglio e a far fuggire i soldati destinati all’internamento in Germania. Pur sempre «i nostri tosi», quei soldati, anche se provenienti da tutta Italia. «Quel giorno abbiamo ritrovato la patria» (p. 49). Ma poi questa scoperta di un mondo diverso, duro, lontano dall’immaginazione di un giovane studente borghese e dalla retorica fascista, si approfondisce nei mesi passati in montagna nella brigata partigiana (alle pp. 65 ss.).
Le pagine sull’origine delle formazioni partigiane e sulla scelta della guerra per bande sono vivificate da una non tanto velata polemica con la lettura della Resistenza come guerra civile proposta da Pavone. Per Mirri la Resistenza è guerra patriottica contro lo straniero. I repubblichini sono «gruppi percepiti come estranei agli orientamenti dominanti tra la popolazione italiana» considerati da Mirri esclusivamente «al servizio dei tedeschi» (p. 57). Allo stesso modo esprime perplessità per il tema delle memorie divise, a proposito delle stragi compiute dai nazifascisti (p. 75).
Le incursioni dello storico sulla trama della memoria non appesantiscono il testo, anzi lo rendono più accattivante, mentre la narrazione ci riporta a episodi drammatici come l’arresto col seguito di torture e sevizie. Il piacere della narrazione comunque si compie con la riflessione anche critica sul proprio passato come è quella nei confronti della concezione elitaria della guerra partigiana imposta dall’azionista Meneghello, con- cezione che avrebbe influenzato ancora le scelte politiche di Mirri nel dopoguerra fino al distacco dalla politica attiva. Non sappiamo come sarebbe stato un Mirri politico di professione, ma forse dobbiamo a quella crisi del Pd’A e alla successiva vicenda politica la nascita della vocazione per la storia, e quest’ultimo libro è una ulteriore conferma del vantaggio che ne è venuto alla cultura italiana.

Rosario Mangiameli