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La pensée de la race en Italie. Du romantisme au fascisme

Aurélien Aramini, Elena Bovo (dir.)
Besançon, Presses universitaires de Franche-Comté, 2018, 276 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2019

Il volume testimonia l’interesse della storiografia internazionale per la storia del razzismo in Italia in un periodo ampio – dall’inizio del XIX secolo, quindi non solo limitato al fascismo – e allo stesso tempo si inserisce nel dibattito ormai avviato da tempo nelle scienze sociali sul razzismo.
I curatori, in un’introduzione chiara ed efficace, ne riprendono i principali assunti (per la Francia, in particolare, i lavori di P.-A. Taguieff), proponendosi di offrire una
«delucidazione del concetto di razza e la sua storicizzazione a partire dallo studio del suo inserimento all’interno delle produzioni letterarie, o dei discorsi a pretesa scientifica che siano storici, filosofici o antropologici» (p. 13). La riflessione si pone tre obiettivi: operare una distinzione netta tra «razzismo» e «razzialismo»; prestare attenzione alla singolarità del discorso sulla razza; e infine – punto che può essere inteso anche come presupposto metodologico – considerare la razza come un costrutto socioculturale.
Nelle loro considerazioni preliminari, i curatori precisano che intendono usare nel quadro analizzato la nozione di «razzialismo». «Le dottrine politico-scientifiche “razzia- liste” – affermano Aramini e Bovo riprendendo Taguieff – possono essere definite come “elaborazioni ideologiche centrate su uno scopo esplicativo” nel cui quadro il concetto di razza viene utilizzato – per pensare la società o la storia per esempio – senza che questo comporti una volontà di disprezzo, discriminazione o violenza» (p. 13). Le dottrine razzi- ste, di contro, implicano la «formulazione di valori e norme che si traducono con discriminazioni, segregazioni, espulsioni e persecuzioni, fino a stermini» (p. 14). Tale differenziazione serve a evitare letture anacronistiche di testi sulla razza prodotti in Italia tra ’800 e inizio ’900, il periodo su cui la maggior parte dei contributi si sofferma. Interessanti sono anche le riflessioni sul rapporto fra antisemitismo, razzismo e problema meridionale nella storia d’Italia – e, all’interno di esso, la questione del «mito ariano» – così come le considerazioni relative all’attualità di un pensiero sulla razza, dalle sue origini ai suoi differenti usi nei vari periodi (qui individuati in tre momenti che corrispondono alle tre parti del libro: arianesimo, positivismo e fascismo).
L’impostazione del volume si riflette felicemente nelle tre parti. Nella prima parte sono raccolti contributi fra i quali quelli su Gaspare Gorresio e i suoi studi sugli ariani (Aramini), Carducci e il mito ariano (Fournier-Finocchiaro). La seconda parte è dedicata all’antropologia criminale, a Lombroso e alle varie fasi della sua attività (Bovo, Montaldo, Tabet, De Cristofaro); alla nascita dell’antirazzismo nell’Italia postunitaria (Milicia) o al mito della Romagna come «razza» (Baioni). La terza parte pubblica i contributi di Guilloux, Lanfranchi e Varcin, Germinario, Gabrielli sul periodo fascista. Chiude il volume un’appendice che riproduce un carteggio fra Gorresio e De Gobineau e un profilo di Lombroso sul brigante Musolino.

Valeria Galimi