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La riconoscenza della nazione. I reduci italiani fra associazioni e politica (1945-1970)

Filippo Masina
Milano, Le Monnier, 241 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il volume di Masina affronta la delicata questione dei reduci della seconda guerra mondiale e del loro reinserimento nel tessuto sociale di un paese che, persa la guerra, si avviava verso la ricostruzione. Il volume presenta uno studio particolareggiato e approfondito sia sulla legislazione che i governi del secondo dopoguerra implementarono per l’accoglienza dei reduci sia sul fenomeno dell’associazionismo e sulla lotta politica che si articolò al suo interno. Già il governo Badoglio aveva cercato di mettere a punto un piano per poter gestire l’emergenza istituendo, nell’aprile del 1944, l’Alto Commissariato per i prigionieri di guerra e gli internati, che aveva il compito di censire tutti i militari italiani sparsi nel mondo e i prigionieri delle potenze alleate. Il 21 giugno 1945 con il governo Parri le funzioni dell’Alto Commissariato erano passate al neocostituito Ministero per l’Assistenza postbellica. Malgrado gli sforzi istituzionali, l’Italia non era in grado però di accogliere con la dovuta attenzione i suoi militari, che erano percepiti piuttosto come una minaccia all’ordine pubblico. Sulla stessa attribuzione della categoria di reduce si aprì un vivace dibattito: quella che l’a. definisce la nuova «epica patriottica» (p. 24) antifascista, impediva di considerare come reduci i «saloini» o le camicie nere che avevano combattuto inquadrate nel Regio esercito. Dunque, l’esclusione dai benefici di legge di alcuni combattenti nel secondo conflitto mondiale implicava necessariamente una riflessione sul ruolo del paese nella guerra e sull’8 settembre 1943.
Nella prima parte, ripercorrendo la storia della legislazione assistenziale di guerra, sollecitata già dal primo conflitto mondiale, ma che aveva già esordito dopo l’unità d’Italia, l’a. esamina gli interventi adottati per i reduci, fino alla legge 336 del 1970 sullo scivolo pensionistico, con la quale «lo Stato concesse agli ex combattenti dipendenti pubblici (inclusi tutti gli enti locali) il computo degli anni passati in zona di guerra, internamento o prigionia, e gli eventuali successivi periodi di convalescenza e riabilitazione ai fini degli avanzamenti retributivi di carriera» (p. 83). Limitando gli interventi ai soli dipendenti pubblici, la legge rivelava il suo carattere categorico, adottato spesso nella implementazione di provvedimenti di welfare in Italia.
Nella seconda parte del libro viene analizzato il fenomeno delle associazioni dei reduci, che per il loro carattere aggregante e identitario sono diventate «anche formazioni di massa con un peso e un ruolo politico affatto trascurabili» (p. 101). Esse infatti hanno assunto il ruolo di custodi della memoria di guerra, ma hanno anche esercitato una forte influenza politica per il cospicuo numero di associati, ricoprendo inoltre una sorta di funzione sindacale di sostegno ai reduci.
Il pregio del volume è quello di aver portato alla luce documenti d’archivio (anche ministeriali) poco studiati e di aver illuminato uno dei temi controversi della nostra storia recente.

Maria Teresa Giusti